venerdì 27 aprile 2012

Hunger Games - La ragazza di fuoco - Recensione


La ragazza di fuoco è forse il libro della trilogia che mi è piaciuto di più. Normalmente i libri di “mezzo” delle trilogie non sono mai coerenti come i primi o esplosivi (si spera!!!) come i terzi. Ma in questo caso mi son dovuta ricredere: il ritmo della narrazione è così perfettamente calibrato tra momenti di quiete (apparente), momenti di hipe (adrenalina pura) e quelli di shock completo (da far cadere le mascelle a terra), che è impossibile smettere di leggere. 
Comprato su Amazon la mattina, finito di leggere la sera dello stesso giorno (tanto per darvi anche la misura del tempo INUMANO che passo sui mezzi pubblici della beneamata capitale per fare si e no 7 km casa-lavoro).

La trama, cercando di non spoilerare troppo: che Peeta e Katniss siano in qualche modo entrambe sopravvissuti agli Hunger Games, questo si è capito. La geniale e pericolosa trovata di Katniss sul finale dei giochi viene però interpretata come un atto di sfida all’autorità di Capitol City quindi il rientro al distretto 13 dei nostri eroi non è precisamente un ritorno all’eden, sia livello personale che "sociale". 

Qualcosa si è mosso nei distretti di Panem e qualcosa di pericolosamente simile alla rivolta inizia a impensierire anche Snow, l’infido tiranno di Capitol che tutto sa e tutto conosce. Le cose tra Katniss  e Peeta non vano affatto bene: la nostra eroina, fuori dagli hunger games, è assalita dai dubbi e da 1000 domande sul genere di sentimenti che la legano a Peeta (poraccio) e a Gale (io lo odio, voi?), dubbi che rischiano di attirare gli occhi del regime… se è vero che i due tributi sono riusciti a salvarsi grazie alla loro “love story” a favor di telecamera durante i giochi, come può Katniss pensare di svelare la dura realtà del suo opportunismo (ma siamo sicuri???) a fin di bene, senza mettere nuovamente a repentaglio la vita della sua famiglia e dell’intero distretto?

Non solo: è alle porte l’Edizione della Memoria degli Hunger Games, che si svolgono ogni 25 anni. Una sorta di edizione celebrativa del reality show che, guarda caso, per la prima volta in assoluto, visto che i vincitori normalmente vengono esentati a vita dalla mietitura, porterà nell’arena tutti i vincitori delle passate edizioni dei giochi. Un uomo e una donna per distretto: il che, per il dodicesimo, vuol dire sicuramente Katniss e uno a scelta tra Peeta e il mentore Haymitch… Crudele quel che basta per capire che le modalità di svolgimento di questi giochi è stata eleborata apposta per portare di nuovo i piccioncini nell’arena l’uno contro l’altro. E per togliere di mezzo quanti più vincitori anziani possibili. Come si comporterà Katniss di nuovo catapultata nell'arena? E Peeta come si porrà nei confronti di Katniss quando la resa dei conti sarà inevitabile?

Su tutto questo ribollire di sentimenti e di avvenimenti, metteteci pure la rivolta incipiente, l’inasprimento delle pene corporali per gli abitanti del 12 distretto, lo spettro di un fantomatico distretto 13 non davvero distrutto ma celato da Capitol e poi ancora l’emozionante simbolismo di rivolta infilato in ogni dettaglio dell’ambientazione (il pane con l’impronta della ghiandaia imitatrice, il costume da arena di Cinna per Katniss, etc….).  E il finale, che dire del finale? Assolutamente perfetto. Coerente, emozionante e mozzafiato, come piace alla Collins e pure a noi!

Oh. Tutto questo accade in un solo libro. Roba che altri autori, mi viene in mente il buon Martin, ne avrebbe scritti 4… Eppure, a dispetto della densità della storia e della sua ricchezza, la lettura scorre accattivante, parola dopo parola.

Come nel primo libro non possiamo fare altro che “scivolare” nelle inquietudini dei protagonisti, nelle loro paure ed emozioni, e come in Hunger Games è impossibile restare impassibili davanti alla raffinata crudeltà di Capitol City-Snow, e alla disperata ricerca della sopravvivenza di chi è chiamato a giocare i giochi più ignobili che esistano. Quello che mi colpisce, come ho già detto nell’altra recensione, è la capacità della Collins di unire azione e colpi di scena alla profonda indagine interiore dei personaggi, indagine che non risulta mai inopportuna o “appiccicata” agli eventi. La psiche dei protagonisti, i loro pensieri, sono dentro l’azione, sono l'azione, sicchè è impossibile, come lettore, vivere l’avventura senza “sentire” i personaggi. Francamente non ricordo altri libri in cui il meccanismo fosse così ben integrato; molti autori ci riescono egregiamente (penso alla Carey, penso a Stroud), ma in modo così evidente non mi era mai capitato di leggere. Certo Peeta è sempre un po' macchietta, innamorato perso, sempre pronto a dare la vita per Katniss, ma ci accorgeremo di quanto il buon Peeta sia una colonna della vicenda nel terzo e ultimo libro, quando... non svelo ma dico che per me anche questa descrizione un po' stereotipata di Peeta è stata pensata in funzione del finale di saga. Sbaglierò però...

E sempre parlando di finali, per quanto riguarda quello della Ragazza di Fuoco che dire, è la solita trovata geniale e spiazzante, che non placa la sete del lettore ma alimenta la “fame”  di leggere il terzo libro!!!!! Sarà mica un caso che si chiamano “hunger” games, no? 

Una nota stonata però c’è: ma dove sono finite le telecamere nell’arena dell’Edizione della Memoria??? Vengono nominate ancora meno del primo libro!!!

Ps: lunedì 30 vado a vedere la prima al cinema di Hunger Games!

martedì 24 aprile 2012

The Hunger Games - Rece libro



L'ho letto in inglese perchè su Amazon per sbaglio ho comprato l'ebook in versione originale e poi, per verificare che avessi capito bene, l'ho ripreso in italiano. E sapete una cosa? Avevo capito tutto anche in inglese, Hunger Games è un capolavoro in qualunque idioma lo leggiate. 

La storia ormai è nota, e dal 1 maggio la conosceranno davvero tutti perché nelle sale cinematografiche uscirà il film omonimo, quindi faccio solo un collage dalla rete.
In un distopico mondo post moderno chiamato Panem (più o meno corrispondente all'attuale nord america), un potente governo totalitario con sede in una città centrale chiamata Capitol City, mantiene saldamente il controllo sui 12 Distretti in cui è organizzato il territorio. Ogni Distretto si distingue per differenti condizioni di vita e di professioni, ma sono tutte più o meno schiave, e letteralmente affamate, da Capitol City. Ci sarebbe anche un fantomatico Distretto 13 ma anni prima questo fu raso al suolo per aver fomentato una precedente rivolta. Ogni distretto è completamente isolato dagli altri e la sola e unica connessione che esiste tra le genti di Panem è la televisione, onnipresente, pervasiva e, soprattutto, l'occhio che tutto guarda e tutto segue.

Gli Hunger Games sono un evento televisivo, manco a dirlo, un reality show annuale, nel corso del quale il governo di Capitol City sorteggia un ragazzo e una ragazza da ognuno dei distretti per combatttere sino alla morte in un'arena appositamente costruita: foreste, boschi, deserti... ogni anno l'ambientazione e i letali pericoli in essa contenuti, cambiano. Quel che è peggio, gli Hunger Games devono essere vissuti da tutti come una festa, una sorta di dono del regime, pena la morte. Che si tratti dell'estremo atto di forza di Capitol City e del suo tiranno Snow per dimostrare ai sudditi il potere di vita e di morte del regime persino sui figli di Panem, non è assolutamente ammesso.

Fin qui l'ambientazione. E la storia? tutto inizia all'interno del distretto 12 quando la giovane Katniss Everdeen, orfana di padre morto nella miniera di carbone ospitata del suo distretto, si offre volontaria per entrare negli Hunger Games salvando la sorellina Prim. Con lei il giovane Peeta, figlio del panettiere del distretto; tutti e due proiettati nell'arena della Capitol insieme ad altre 11 coppie di ragazzi con una sola certezza, la morte, e un solo obiettivo: sopravvivere. A favor di camera, possibilmente. Chi sopravviverà? E soprattutto, in un mondo dominato dalla tv, dagli umori degli spettatori, in cui conquistare il favore degli sponsor può essere l'unica discriminante tra la vita e la morte, cosa è davvero lecito e cosa non lo è, nell'arena? Hanno più senso parole come fiducia, amicizia, amore e onestà? Conta di più la capacità di adattamento e saper sfruttare ogni singola opportunità offerta, oppure no? E soprattutto, cosa è vero e cosa è davvero falso quando in gioco c'è la propria vita o quella delle persone che amiamo?

A mio parere il libro ha un pregio impagabile, tutto torna. L'ambientazione è coerente con la caratterizzazione dei personaggi, che a loro volta incarnano alla perfezione i dubbi e le agitazioni di un mondo affamato e afflitto dalla mancanza. La bellezza del romanzo sta nella sua "quadratura" e nella quantità di dettagli che tratteggiano il mondo e il vissuto stesso delle persone.Intendiamoci, è sempre un lavoro di cesello ben studiato perchè, i
n fondo, di sto benedetto Panem sappiamo poco e poco sappiamo di Capitol City e di chi la abita. Eppure sappiamo tutto quello che serve: che una volta l'anno 13 Distretti si fermano, inermi, a guardare 24 ragazzi e ragazze che si ammazzano tra di loro in un reality show imposto dal regime. Serve altro per descrivere di che società parliamo?

Altro goal: l'introspezione dei personaggi, soprattutto quello di Katniss che ci "inonda" di emozioni e pensieri, grazie anche alla scelta stilistica di farle narrare la storia in prima persona e al tempo presente; ciò che rende tutto quello che accade tremendamente vivo, vero, un crudo qui e ora che cattura il lettore e non lo molla per tutta la durata del libro. Non proprio altrettanto riuscito è il personaggio di Peeta, forse un pò troppo stereotipato, sebbene di uno stereotipo che, non chiedetemi come, riesce a rendere ciò che accade alla coppia ancor più emozionante. Ma Peeta si rifarà nei prossimi libri, sempre a modo Collins...

E l'effetto Collins lo troviamo anche nel modo in cui il libro affronta il tema amoroso. Già perchè presentato come il nuovo Twilight (aiuto), per quanto detto sino ad ora in Hunger Games manca qualcosa (o meglio, c'è già tutto altro che...). Ricordate la questione della coerenza? Ecco, anche l'amore diventa uno strumento per rendere ancora di più la tragità della vita dei giovani tributi gettatti nell'arena e, più in generale, degli abitanti di Panem. D'altra parte l'amore, donato, riufiutato o timidamente accettato, è anche ciò che salva i due ma in modo completamente inatteso. Disincantato, crudele, duro. Perciò Hunger Games NON è Twilight, chiaro?

Due parole anche sulla critica sociale. Come ogni ambientazione distopica che si rispetti, il regime totatilitario che tiene sotto schiaffo la popolazione usando i mezzi di comunicazine di massa, come la tv, come strumento di controllo sociale, è tema noto. Solo che con Hunger Games il tutto diventa odioso, fastidioso, quasi fisicamente doloroso... alzi la mano chi non ha pensato almeno una volta di voler spaccare la telecamera nell'arena, l'oggetto simbolo del controllo, deputato a filmare la vita, ma soprattutto la morte, come elemento di ludibrio collettivo. In questo senso l'autrice, da brava sceneggiatrice, conosce perfettamente quali sono meccanismi e le leve emotive da toccare per far riflettere il lettore sulla questione, soprattutto un lettore di oggi, sensibile e soprattutto esposto al potere del medium tv.


Insomma, un bellissimo libro, denso e profondo per tematiche, avvincente per ritmo e per colpi di scena e soprattutto un libro con una grande attenzione all'introspezione dei protagonisti. In effetti questo è la cosa che mi preoccupa di più del passaggio dalla carta alla pellicola: ce la farà il film a rendere la complessità delle emozioni e la sfumatura dell'agitazione interiore di Katniss e Peeta? Ve lo saprò dire il 1 maggio o giù di lì!


lunedì 23 aprile 2012

A volte ritornano...

Perchè tornare a parlare di libri dopo 3 anni di stop? Perchè se ci si imbatte in una storia che vale davvero la pena di essere raccontata, non c'è stop- pausa di riflessione-alt o varicella che tenga: va raccontata. E' come il mal di denti: non lo puoi ignorare all'infinito, prima o poi tocca toglierlo, il dente.

Solo che in effetti questa storia è stata già abbondantemente discussa, recensita e tagliuzzata da migliaia di lettori nel mondo, visto che la pubblicazione del primo volume in inglese è avvenuta nel lontano 2008 e tradotto poco dopo in italiano, proprio negli anni del mio black out recensorio. Sicchè cosa potrei mai aggiungere io che non sia stato già detto in tutte le salse?

Solo un: grazie. Grazie alla saga degli Hunger Games sono di nuovo qui a scrivere. Azzardo che se non mi fossi mai imbattuta in una storia del genere, probabilmente non avrei mai ripreso a leggere e commentare. Non so se basti a dare la cifra di quanto ben fatta sia questa trilogia (anche se con notevoli differenze da volume a volume) ma forse qualcuno che mi conosce bene e sa quanto io sia difficile di gusti fantasy/fantascientifici, potrebbe quantomeno sollevare un interrogativo sopracciglio.

Essì, la trilogia composta dai volumi: The Hunger Games, La ragazza di Fuoco e Mockingjay  (io l'ho letto in inglese, in italiano "Il canto della rivolta" uscirà a maggio 2012) è davvero una delle trilogie più belle che abbia mai letto. Azione, avventura, violenza, sentimento, critica sociale, approfondimento psicologico e grande ambientazione. C'è tutto questo nel mix creato dall'americana Suzanne Collins, costantemente condito da una nota, forse anche più di una, di amarezza, rabbia e solitudine. A voler fare i pignoli si tratta di libri targettizzati "Young adult", sarebbe a dire più o meno gli stessi destinatari di Twilight. Ho detto più o meno, tranquilli. Perchè per come la vedo io è una trilogia che strizza l'occhio romantico agli "young" ma le viscere le stringe sia agli young che agli adult.

Wow, roba allegra, direte voi ^_^

Bhè, va così. Di questi tempi mi piacciono ste cose un pò angoscianti... sarà mica perchè a giugno mi sposo??? Ahahaha, tutto può essere.... ^_^

A stretto giro la rece del primo libro Hunger Games di cui uscirà il film al cinema il 1 maggio 2012! Qui il Trailer!