giovedì 27 marzo 2008

Estasia, Il Sigillo del Triadema- Recensione


Ho letto Estasia- Il sigillo del Triadema, con la solita curiosa avidità che mi contraddistingue. Non ho mai fatto mistero che il primo volume della Trilogia di Francesco Falconi, Danny Martin e la Corona Incantata, non mi abbia soddisfatto appieno. L'ho trovato molto semplicistico ed eccessivamente "educativo" sebbene il target estremamene giovane, quando non infantile, giustifichi appieno questa scelta.
Il secondo volume l'ho atteso molto e, stavolta, non posso affatto parlare di delusione. Non sarà il libro della vita, come ho avuto modo di dire anche in altre recensioni di altri libri, ma il Sigillo non lascia indifferenti. Vuoi per i molti temi trattati, vuoi per la freschezza stilistica, vuoi per l'intreccio accurato della trama.

In brevissima, e senza svelare troppo, Estasia è nuovamente in pericolo. Dopo averla salvata dalle oscure trame di Disperio qualche anno prima, Danny si ritrova nuovamente a fronteggiare il pericolo per aiutare Estasia a riemergere dal caos nella quale è piombata. Nulla è come il giovane Bianco Prescelto ricordava: la regina Darmha è sparita e nessuno sa più nulla di dove sia, Cathband è lontano e tutti gli abitanti sono sotto un potente sortilegio che annulla i ricordi. A causare tutto questo è la Setta delle Ombre liberata da....no, questo lo scoprirete da soli! Antichi nemici, nuovi amici e inaspettati amori, aiuteranno Danny ad affrontare le prove necessarie per recuperare l'unico oggetto ingrado di guarire Estasia dalla sua follia: la stele di Cromina.

Il Sigillo del Triadema è un libro molto più maturo e complesso del precedente e dimostra la buona capacità dell'autore di creare intrecci complessi senza far smarrire il lettore. La scissione della trama in tre filoni paralleli non appesantisce la lettura sebbene a volte qualche attimo di "riallineamento" (ok, dove sono, chi sono i miei amici qui, dove ero rimasto...) sia comunque necessario. Ma la storia tiene grazie anche sinteticità dei paragrafi e alla segnalazione puntuale dei continui cambi di contesto. E' come se Falconi fosse stato molto attento, durante la scrittura, a tendere una mano al lettore nella consapevolezza che la complessità apparente delle storie parallele (e sovrapposte) potesse risultare un pò ostico.
L'dea che mi è piaciuta di più di tutto il libro è il concetto dell'Assenza, un'entità che va ben oltre il Bene e il Male e che sta sopra, e contemporaneamente oltre, tutte e due . Davvero originale

Ciò che domina questo volume è il colpo di scena unito al continuo svelamento di segreti: ve ne sono di continui, in particolar modo sul finire del libro, quando avvengono forse le cose più "succose" e imprevedibili. Non dico molto su questo punto altrimenti finirei per spoilerare. Vi basti sapere che gli ultimi capitoli sono particolarmente avvincenti, in un'altalena di sentimenti che costringe il lettore a passare dall'euforia alla delusione, dalla gioia alla rabbia. Fino a gravargli il cuore di sentimenti più forti come il dolore. Essì, perchè Falconi si dimostra molto coraggioso e non esita a decretare la morte di un personaggio molto importante del libro. A volte capita che gli autori non riescano proprio ad affrontare la morte delle loro creature ma non è questo il caso. Io sono un pò scettica riguardo alla modalità e la tempistica con cui si è svolto il tutto, ma è pignoleria, lo ammetto.
Altro punto di forza, a mio parere migliore rispetto al libro precedente, sono i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi. Lo stile è più maturo, meno semplicistico e anche meno referenziale.

Ok, dunque tutte rose e fiori? Bhè, ovviamente no, che Mirtilla sarei sennò? C'è ancora qualcosa che nn mi convince del tutto, che mi fa esprimere soddisfazione ma non totale appagamento.
Innanzi tutto la costante vena educativo-didascalica di tutto il libro. Per molti rappresenta il vero punto di forza della Trilogia di Falconi semplicemente perchè è la chiave che rende i libri intepretabili a più livelli ma soprattutto perchè si tratta pur sempre di libri per ragazzi. Bhè, diciamo che come scelta non incontra il mio personalissimo gusto. Molti autori catalogati per ragazzi scrivono fantasy senza alcuna pretesa moralizzante o educativa eppure scrivono cose egualmente di grande valore. Ma ribadisco che si tratta di un gusto personale (sarà che rosico perchè non sono più una ragazzina??? bhà...).
Altra nota, che si accorda con la precedente, è lo stile a volte mooooolto cartoon, nella descrizione di alcune scene. Fasci di luce colorati che avvolgono tutto, simboli che si animano, pezzi di oggetti che si compongono magicamente galleggiando a mezz'aria...in certi momenti mi sembrava di guardare una puntata di Creamy o di Sailor Moon... ma, ammettiamolo, il taglio particolarmente fiabesco è comunque coerente col target del lavoro e col volume precedente. E la coerenza è sempre fondamentale.
Ultimissima cosa, lo giuro, è la grande foga con cui l'autore ha rimescolato Estasia rivoltandola tutta come un pedalino (detto romano). Ho avuto l'impressione che nel desiderio di dimostrare la sua crescita autoriale Falconi abbia smontato pezzo per pezzo quello che aveva ricostruito condendo il tutto con un finale davvero ad effetto che quasi stordisce. Eppure, almeno per me, non sono tanto i colpi di scena grandiosi a fare la differenza, a dimostare le potenzialità di uno scrittore. Martin, ad esempio, che ha l'ammazzamento facile, spesso lo detesto proprio per questa "mania" che sa di delirio di onnipotenza (ma è un caso estremo...)

Comunque sia, leggete e vedrete. Mai fidarsi solo dei commenti altrui, no? ^^

mercoledì 26 marzo 2008

Fate e fatine

Obnubilata da un raffreddore biblico che mi intorpidisce i neuroni normalmente iperattivi (!), mi limito a mostravi uno squarcio della mia stanzetta:


Le fatine di cui sopra sono, a partire da sinistra:
Magnolia, Mirtilla (la prima che ho posseduto e la più smorfiosa col naso all'insù), Miele (quella dolcemente addormenta), Margherita (quella a cavallo), Melograno (quella rossa con lo sguardo infido), Mora e infine Moon (per ovvi motivi).
Tranne Melograno e Moon, che appartengono all'edizione Limitata Dragonsite creata partire dai disegni della Galbreth e di altre autrici, sono della linea Les Alpes che hanno l'indubbio vantaggio di essere belle e di non costare un occhio della testa come le altre...

Le bamboline alate sono per lo più graditissimi doni ma anche io ne ho comprata qualcuna. A Roma non è molto difficile trovare posticini in cui ammirare fatine di questo tipo (negli ultimi anni c'è stata una invasione di fate!!!).
Storia e Magia, sita in via Ottaviano 32 e al momento senza sito, è uno di quegli angoli di vera magia imperdibili per gli appassionati ma ci sono anche luoghi meno vistosi e appariscenti. Come Medieval Fantasy sito in via delle Betulle 21, piccolo ma assolutamente completo. Ammetto che anche E-bay è una buona risorsa per i pazzi collezionisti del fantastico. Melograno, ad esempio, viene dagli Stati uniti che al momento offrono un discreto vantaggio, ovvero il cambio _estremamente_ vantaggioso (fidatevi, l'ho pagata la metà esatta del prezzo italico).


Ma il mio sogno proibito resta una di queste:

Queste simpatiche smorfiosette sono le fate Paor, linea di pregiata porcellana spagnola che è davvero costosetta....

Immaginate cosa sarà casa mia?? Quando invece di una mensola avrò una casa vera da arredare??
Bhè, Rob una volta mi disse: "Aò calmate, che io non mi voglio trovà na fata al gabinetto che me tiene er rotolo...." Però, che idea che mi ha dato!!! ^^

domenica 23 marzo 2008

Buona Pasqua!


Ragazzi, arrivo in ritardo ma sono senza colpa!!! Qui in Abruzzo sono DUE giorni che mi stanno ingozzando senza tregua!!

Tantissimi auguri di Buona Pasqua a tutti da me e Rob dalla ridente terra dei Parchi e della Porchetta.....

mercoledì 19 marzo 2008

Katharine Kerr- Saga Deverry


Grazie a Francesca e alla sua letteraria curiosità mi sono decisa a fare un posticino su Katharine Kerr e la sua lunghissima saga di Deverry.
Due puntualizzazioni doverose: Deverry vi piacerà da impazzire se amate i Celti. La Kerr è una storica e un antropologa, con una profonda conoscenza di questo popolo, delle sue usanze e della sua mitologia, ed il presupposto dei suoi romanzi è la fuga dei Celti in un mondo parallelo, dopo l'invasione della Gran Bretagna da parte dei Romani.
La seconda: ci vuole pazienza. Questo è un ciclo lungo, molto lungo (12 volumi, 3 gruppi da 4 romanzi), che non è ancora stato pubblicato integralmente neppure in lingua originale. Quelli pubblicati, in Italia sono stati editi dalla Nord ed ora sono in ristampa economica con la Tea.

La storia in sè sarebbe anche facile da seguire se non fosse che la Kerr inizia praticamente da subito a intrecciare linee temporali diverse giustificate dalla presenza di un concetto chiave nelle sue storie: la reincarnazione.

La vicenda in brevissima: Nevyn, mago del Dweomer, in gioventù commette involontariamente un gravissimo torto verso due persone che finscono per rimetterci la vita. Sconvolto dal dolore, fa un giuramento ai Signori del Dweomer: non avrebbe avuto pace sino a che non avesse posto rimedio all'errore salvando le vita future di tali persone. Potrà, infatti, morire solo a giuramento assolto.
Benedetto, o condannato, a vita centenaria, Nevyn passerà i decenni successivi a cercare le reincarnazioni di
Blaen, Gerraent e Brangwen per cercare di scongiurare il triste epilogo di cui era stato causa involontaria ma senza successo. Intanto si avvia anche la trama principale della saga che coinvolge Jill, reincarnazione di Brangwen, e Rhodry, fratello del Gwerbret di Aberwyn.
La Kerr non abbandonerà quest'ultimo filone, che è il principale, ma si ingegnerà per mescolarlo sapientemente alle storie sulle vite reincarnate che Nevyn incontra sul suo cammino. Capiterà spesso che, nello stesso libro, alcuni capitoli siano dedicati al resoconto del'ennesima reaincarnazione cui Nevyn non riesce a dare buon corso, per poi passare a quelli sulla trama principale, in un intreccio complessivo di linee temporali che è più o meno così rappresentabile:


Tutto più chiaro no? Eccerto... ^___^ Mai come in questo caso è bene leggere i libri nella sequenza di pubblicazione senza saltare da un libro all'altro, anche perchè non sono tomi autoconclusivi.

La cosa bella del messaggio della Kerr è che, stringendo, tutto questo caos di reincarnazioni e vite passate giunge ad una sola considerazione: ciò che si è e si fa nel presente, è frutto di ciò che si è stati e si è fatto nel passato.
Chiaramente è una visione molto particolare dell'esistenza umana che si spiega tutta nella premessa iniziale del post, ovvero la passione della Kerr per il mondo celtico, ma è davvero carica di fascino. Assistere alla ripetizione degli stessi errori da parte dei personaggi reincarnati, assistere al precipitare di eventi cui Nevyn non può porre rimedio perchè le regole del Dweomer, la magia segreta del mondo di Deverry, lo proibiscono severamente, fa davvero riflettere. La Kerr suggerisce, anzi afferma, che la vita è ciclica e ricorrente e va ben oltre il tempo e lo spazio. Anche i sentimenti che legano le persone non sono affatto casuali ma derivano da affinità che hanno legato le anime nel passato e lo faranno irrimediabilmente anche nel futuro.

D'accordo o no con questo approccio, la saga è scritta in modo coinvolgente con una giusta alternanza di descrizioni e dialoghi. L'assetto politico delle cittadine di Deverry è molto chiaro come estremamente coerenti, pur nella loro complessità, sono i personaggi della Kerr. Su tutti spicca l'amata e odiata Jill che per seguire la strada del dweomer....... non vi dico il resto sennò svelo mezza trama alla faccia dell'autrice che ci ha messo circa 4 libri e anche qualcuno di più, per svelare che succede tra Jill e Rhodry. Ah, ovviamentel il bel Rhodry è il mio preferito!

Insomma, una bella saga anche se forse poco conosciuta.

Libri pubblicati in Italia (ma credo che ne scriverà altri):

La lama dei Druidi (Daggerspell), TEA
L'incantesimo dei Druidi (Darkspell), TEA
Il destino di Deverry (The Bristling Wood), TEA
Il Drago di Deverry (The Dragon Revenant), TEA
Il tempo dell'esilio (A Time of Exile), TEA
Il tempo dei presagi (A Time of Omens), TEA
I giorni del sangue e del fuoco (Days of Blood and Fire), TEA
Il tempo della giustizia (Days of Air and Darkness), TEA
Il grifone rosso (The Red Wyvern), Editrice Nord
Il corvo nero (The Black Raven), Editrice Nord
Il drago di fuoco (The Fire Dragon), Editrice Nord

martedì 18 marzo 2008

Elric di Melnibonè


Tante volte dagli amici mi viene chiesto un suggerimento per l'acquisto di un libro fantasy. Io sto lì qualche secondo che me li guardo con occhio vacuo e poi balbetto qualcosa come: "Si, bhè, parliamone...."
Loro non lo sanno ma questa del consiglio è una cosa difficilissima perchè ci sono tante cose da considerare: dal l'età del lettore, il gusto personale, le aspettative e, perchè no, la sua conoscenza o meno del genere. Senza contare un altro fattore non meno cruciale: di norma il non appassionato folle non spende decine e decine di euro per i libri in uscita ma preferisce partire dalle edizioni economiche. E come dargli torto??

Ergo, voi cosa consigliate di norma ad un lettore fantasy in erba? Io sono sempre in un imbarazzo tremendo. Niente d&d, se non conosci il gioco di ruolo, non puoi apprezzare appieno Dragonlance e affini a meno che tu non sia un curioso di tutto. Magari dopo. Niente cose che confondono la mente come Darkover perchè magari è già un pò più spostato sulla commistione fantasy-fantascienza e mica vogliamo far impazzire il povero neofita, no?

Di recente ad una mia amica ho prestato il primo volume delle Cronache della Troisi e mi sa che ci ho preso perchè la tipa si è fiondata sugli altri di corsa; altre volte, lo so che non ci crederete, ho consigliato Tolkien e Brooks perchè dalla descrizione dei destinatari del libro, mi pareva che questi due autori potessero essere loro congeniali; altre volte ho prestato libri alle mie sciagurate coinquiline e almeno in un caso sto ottenendo soddisfazioni: Vale è in fissa con La Carey e con Altieri!! (però l'ultimo di Follett me lo ha gentilmente reso....)

Più facile, si fa per dire, è consigliare un libro a chi è già un onnivoro appassionato di fantasy.
A costoro oggi, forse complice il tempo cupo e gravido di pioggia che minaccia Roma, mi sento di suggerire al folle divoratore di fantasy che è in ognuno di voi, la saga di Elric di Melnibonè scritta da Michael Moorcock.
E' una vicenda complessa quella di Elric, ultimo imperatore della feroce e crudele razza dei melniboreani. Elric è due cose che nessuno a Melnibonè è o è mai stato: è albino, fragile e senza forze, ed è giusto e compassionevole. Non gode nell'assistere alle torture, non ama lordarsi le mani del sangue del nemico e non crede nella crudeltà cieca. Colto e riflessivo, Elric vive con difficoltà presso la corte cercando di mascherare la sua debolezza fisica ricorrendo a droghe di ogni tipo e, in seguito, affidandosi a Tempestosa, la spada senziente demoniaca che, succhiando le anime delle vittime di Elric, dona al suo padrone l'energia necessaria per vivere. Elric disprezza la lama poichè il godimento di Tempestosa nel cercare le carni del nemico per suggerne l'anima lo disgustano ma sa, l'eroe Elric, che senza di essa egli non sarebbe in grado di vivere e di portare avanti la sua perigliosa battaglia ai confini del mondo.
In questa dolorosa e inevitabile consapevolezza sta tutta l'essenza di Elric, del Campione Eterno, di colui che per fato divino è destinato ad essere il prescelto per scatenare il conflitto finale fra Legge e Caos sul suo mondo, conflitto che deciderà le sorti del mondo successivo: più "legale" o più "caotico" a seconda di quelle delle due forze fosse risultato vincitrice nello scontro precedente. Elric non si sottrae al suo destino e sceglie di farsi "strumento" per seguirlo fino in fondo, inevitabilmente.

Insomma, una letturina bella tosta, che non può mancare nella dieta fantasy di tutti noi!

AGGIORNAMENTO: ho appena letto su FantasyMagazine che il buon Moorcock ha appena vinto il Damon Knight Grand Master Award, una delle più alte onorificenze del fantasy e della fantascienza! Leggete!

venerdì 14 marzo 2008

Influenza


Eh ragazzi, purtroppo anche i più forti si ammalano... febbre a 38,5 da due giorni, mal di testa e non sto qui a dirvi quale altro spiacevole effetto collaterale. E senza neppure un libro da leggere!! Li ho finiti tutti....

Vabbè, oggi sto un pò meglio, speriamo che il peggio sia passato!

martedì 11 marzo 2008

Il Vampiro delle Brume- Recensione


Ieri sera ho finito di Leggere il Vampiro delle Brume di Christie Golden, secondo libro della trilogia Le Nebbie di Ravenloft. Questo libro, forse più degli altri ambientati nel mondo misterioso di Ravenloft, può essere davvero apprezzato da chi conosce l'ambientazione dell'omonimo gioco di ruolo di stampo d&d.

Molte delle sfumature nell'evoluzione del personaggio principale e il suo inesorabile logoramento psicologico, possono essere comprese appieno solo da chi conosce la logica crudele e maligna con cui agiscono i poteri ravenloftiani. Ma saranno poi davvero così malvagi i poteri oscuri di Ravenloft? Chissà, qui si potrebbe parlare per ore. Sta di fatto che questo libro mi ha commosso, alla fine, e non capita spessissimo con i libri del d&d. Tutta colpa, o merito, del protagonista Jander Sunstar, elfo dorato di Evermeet. Vampiro da 500 anni. Già il soggetto ha in sè un fascino doloroso impossibile da non notare. C'è qualcosa di più innaturale e disturbante di un elfo nato per vivere nei boschi in simbiosi con l'amata natura, nato per scaldarsi ai raggi del sole e per scacciare il male con azioni giuste e buone, che diventa una creatura della notte costretta a rifuggire la luce e ad _uccidere_ esseri viventi per esistere? Quale infinita tortura può essere la non morte vampirica per una creatura siffatta?

Il libro ha due ordini di lettura a mio avviso. Per chi non sa molto dell'ambientazione del gioco di ruolo si tratta della storia di un elfo vampiro che, innamoratosi di una giovane donna pazza, decide di vendicare la sua morte trovando e distruggendo colui che le aveva tolto il senno. Le senzienti nebbie di Ravenloft accolgono l'invettiva dell'elfo e Jander viene trasportato, per mezzo della bruma stessa, nel regno di Barovia soggiogato da secoli da Stradt Von Zarovich. Accadono molte cose nei decenni successivi. Jander conosce Stradt la sua ferocia, la sua impulsività ed anche il suo cupo passato; conosce i Vistani, gli zingari spie del signore del regno, i loro poteri di veggenza e la loro fedeltà assoluta a Stradt e, dopo anni di ricerche infruttuose, scopre anche l'identità dell'amata Anna e di colui che l'aveva fatta impazzire. Da qui in poi Jander vedrà solo vendetta, vendetta da perpetrare con l'aiuto di Sasha
Petrovich , giovane prete di Lathander, vendetta per se stesso e per Anna.
Fino alla vittoria di Jander sui Poteri Oscuri di Ravenloft che certo non ha nulla a che vedere col senso comune di vittoria.

Chi, invece, conosce un pò l'ambientazione di Ravenloft intravede nel libro molte altre cose.
Innanzi tutto riconosce nel cambiamento inesorabile di Jander l'azione corrutrice della terra di Ravenloft in grado di corrompere tutto ciò che la calpesta. Se prima l'elfo riusciva a nutrirsi di animali e solo sporadicamente di esseri umani, su Ravenloft le bestie sono veleno e la fame di sangue umano ha forza tripla. Se all'inizio Jander riesce a coltivare un piccolo giardino nel cuore della reggia di Stradt dopo anni l'elfo deve rinunciare poichè tutto avvizzisce sotto il suo tocco. Se prima dormiva poche ore di giorno, nei decenni successivi praticamente godrà di una veglia pressocchè continua. E poi ci sono i Poteri Oscuri, le entità che realmente dominano su Ravenloft. Sono loro i veri Signori del piano, coloro che giocano con gli uomini e con i loro destini. Sono i Poteri Oscuri ad alimentare il desiderio di vendetta di Jander e quando l'elfo si farà tramite del divino Lathander (avete capito bene!) la creatura accoglierà la vastità dell'inganno.
E capirà che persino su Ravenloft le persone possono scegliere di non compiere il male e Jander, infatti, sceglierà di perdere tutto pur di vincere sui capricci eterni dei Poteri. Una contraddizione in termini, quella tra vittoria e perdita, che è solo apparente come capirà chi leggerà il libro.
(Nota per chi conosce Ravenloft: che effige ha il Signore dell'Alba nell'ambientazione? Non ha forse la pelle dorata e il volto chiazzato di sangue?? Dopo quanto avete letto sopra, chi vi ricorda costui? L'autrice non lo dice esplicitamente ma probabilmente questo libro rappresenta la narrativizzazione dell'orgine del culto del Signore dell'Alba in terra di Barovia)

Insomma, il libro è fatto bene. L'intreccio è complesso ma la Golden regge le fila del discorso con maestria e la narrazione appare compatta, senza cadute di stile nè di attenzione. La descrizione di Stradt è motlo calzante ma è con Jander e con la sua personale passione interiore che la Golden raggiunge il livello più alto. Davvero impossibile non partecipare allo strazio dell'elfo e lo dice una che gli elfi, di norma, li detesta.
Rispetto agli altri libri della collana di Ravenloft questo è fatto decisamente meglio.

Forse per la prima volta, per cura del dettaglio, complessità ed emozioni, un libro d&d è stato trattato come un libro vero.

Piccola nota: cronologicamente questo libro è stato pubblicato in lingua originale nel 1992 prima del Signore di Ravenloft, della Guerra contro Azalin e prima di Morte di un signore oscuro. Ciò fa del libro un'opera impressionante per accuratezza, profondità e originalità complessiva.

lunedì 10 marzo 2008

Io Sono Leggenda- finale alternativo


Oggi su Corriere.it ho trovato il video del finale alternativo del film Io Sono Leggenda, potete vederlo qui.

Che ne pensate? Non è che io sia un'amante dei finali eroici e molto americans, ma forse quello andato in onda lo preferisco a questo, voi?


giovedì 6 marzo 2008

Ciao Gary!


Ieri ho letto la notizia della morte di Gary Gigax ma, colpevole fu la giornata pesante, non ne ho parlato sul blog ma oggi si. Chi era costui? Gigax, insieme a Dave Anderson, nel 1974 inventò Dungeons and Dragons. Essì, avete capito bene, si tratta del papà storico del gioco di ruolo fantasy che ha affascinato generazioni di: giocatori da tavolo, giocatori dal vivo, videogiocatori e videogiocatori della rete. Senza contare le schiere di lettori che, conquistati dal gioco, sono irrimediabilmente approdati negli anni ai romanzi di ambientazione d&d.
Oddio, a ben pensare io ho inziato dalla fine, ho letto prima tutte le Dragonlance di Weis- Hickman e poi ho scoperto il gioco, ma ero già assuefatta al fantasy da un pò ergo non faccio testo.

Insomma, per gente come me, anche più malata di me, Gigax rappresenta un pezzo di vita.

Ho iniziato a giocare a d&d a Chieti relativamente tardi rispetto alla norma dei ragazzetti brufolosi in crisi adolescenziale che iniziano a giocare di ruolo con gli amici. Manco a dirlo iniziai con Fede e un pò di altre mattissime persone con cui giocavo una maga neutrale sessuomane di nome Eloriè. Scopo principale delle sessioni era magnare patatine e bere cocacola a gogo.

Poi scoprii il fascino del gioco di narrazione via e-mail grazie a Fede e al KCFG e quando giunsi a Roma, grazie a giri complicati, conobbi un gruppetto di ragazzi appassionati di d&d che quando scoprirono che una ragazza tutto sommato "normale" giocava, l'accettarono volentieri tra loro.
Uno di essi è Rob che mi ha "accettata" in senso un pò più ampio degli altri....

Il guaio è che con questi qui sono diventata pignola perchè loro non si lasciavano sedurre dal fascino delle patatine fritte, eh no. Questi erano focalizzati sulle regole, sulle miniature, sui piani da lavoro quadrettati e sui movimenti disponibili. Esistevano solo: attacchi di opportunità, critici, minacce di critico, fallimenti vari (eh Rob?), e serate intere a decidere se il ladro avrebbe fatto il ladro spendendo tempo su una trappola oppure no. Nella Forgotten giocavo una chierica di Lathander buona che, dopo 4 anni di traversie, alla fine era diventata comprensibilemnte isterica mentre su Ravenloft sono passata a una chierica decisamente stronza, tendenzialmente malvagia. Come dire, crescendo Mirtilla si è rotta le balle della vita e anche i suoi alter ego fantasy hanno preso una brutta piega!

Al momento vivo, o subisco, un periodo di stanca per il gioco derivante da 2000 impegni che mi stanno fagocitando, ma conto di riprendermi a breve. Chi ha giocato di ruolo non può stare per troppo lontano dal giro, sarebbe come perdere un pezzo di sè. O meglio, tanti piccoli pezzettini di sè.

martedì 4 marzo 2008

I Dannati di Malva- Recensione?


Qualche giorno fa ho comprato e poi letto I Dannati di Malva di Licia Troisi, agile volume della collana Verdenero. Per chi non sapesse nulla di questa importante iniziatiava editoriale, riporto ciò che è scritto sul blog di riferimento: "VerdeNero è una iniziativa di sensibilizzazione sui fenomeni dell’ecomafia che nasce dalla collaborazione tra Edizioni Ambiente e Legambiente. Ecomafia significa un enorme giro d’affari che prospera sulla sottrazione illegale delle risorse ambientali, sui traffici di animali e opere d’arte, su abusivismi di ogni genere, si scioglie nei mille rivoli della cronaca giudiziaria e degli scandali, rendendo difficile ai non addetti ai lavori coglierne il volto, la dimensione complessiva e, infine, l’effettivo impatto sociale e culturale. Un fenomeno tanto pervasivo quanto capace di mimetizzarsi nel quotidiano"

Licia Troisi affronta il tema di denuncia ricorrendo al genere a lei più congeniale ovvero il fantasy.
In una città completamente di vetro e metallo, Malva appunto, gli umani hanno strappato i drow dai boschi e dalle foreste limitrofe per porli in schiavitù. Condotti coattamente nel sottosuolo di Malva, sono costretti a spalare carbone ed attivare tutti i macchinari e gli ingranaggi che servono alla città alta per vivere nell'agio. Ma una serie di strani omicidi, probabilmente perpetrati proprio da un drow, altera l'equilibrio di forze nella città tanto che la polizia locale è costretta a prendere una decisione forte: accettare la richiesta della Guardia Telkar e inviare un infiltrato nel sottosuolo. Telkar è la persona più adatta poichè mezzo umano e mezzo drow, l'unico in grado di camuffarsi in modo pressochè perfetto e scoprire il colpevole direttamente dove lui si nasconde. Quello che il protagonista scoprirà nel sottosuolo, però, non è solo il nome dell'assassino. Scoprirà le menzogne di cui gli umani si riempiono la bocca, svelerà i misfatti di società compiacenti e tutte le sue umanissime convinzioni, le sue credenze, verranno scardinate.

Come ho già detto altrove,
ne I Dannati di Malva la denuncia per gli abusi e le sopraffazioni che la minoranza degli umani perpetua a danno dei drow passa con forza e lascia il segno. Ugualmente il messaggio della natura devastata dai veleni mefitici che vengono nascosti nel cuore del sottosuolo da industriali senza scrupoli, risulta efficace. Anche la definizone del carattere del protagonista scisso tra due mondi rende bene l'idea.

Quello che non mi convince per nulla è la scelta dei Drow come razza fantastica attraverso cui lanciare il messaggio. Ma per un motivo semplice. Se uno dice Drow dice una serie di cose precise, dice un aspetto esteriore preciso, una cultura, un tipo di indole (almeno in linea di massima), dice un universo di valori. Che non c'entra nulla con quello che di loro dice la Troisi nei Dannati. In questo caso vivono nelle foreste ( i Drow??) a contatto con la natura, e vivono schiavizzati nel mondo degli umani nella nostalgia degli spazi e dei profumi degli alberi. I Drow?

Qui si apre un problema potenzialmente vastissimo perchè nel fantasy più che in altri generi, è usuale attingere a piene mani da razze fantasiche usate in modo diverso da molti autori. Gli elfi di Tolkien, ad esempio, poco hanno a che spartire con quelli del D&D eppure la cosa non rappresenta un problema. Anzi. Tolkien non ha mica il copyright sul genere, ovvio. Però ci sono caratteristiche che strutturalmente appartengono ad una razza e non ad un'altra, pena l'anarchia (il fantasy non avrà obblighi di genere restrittivi, ma consuetudini si): se io chimassi "elfo" una creatura bassa, tarchiata e con la barba e vivesse nelle caverne non ci starebbe reinterpretazione possibile, quello sarebbe un nano, non un elfo. E se insistessi dicendo che gli elfi di Evermeet vivono nel sottosuolo rifuggendo la luce e gli alberi, qualcuno dovrebbe rinchiudermi. Perchè sarebbe troppo.

Stesso discorso vale per i Drow dei Dannati. Se pure i Drow non fossero una razza esclusiva del D&D, la codifica della razza che prevede: pelle nera, capelli candidi e affinità alla magia (e odio per la superficie) l'ha fatta la letteratura del gioco di ruolo. I drow di altra tradizione (celtica) ad esempio, non hanno queste caratteristiche, sono altro. Almeno per quello che so io, poi non sono onniscente e se avete informazioni diverse vi prego di dirmele!

Un conto è riproporre una razza consolidata alterando qualche elemento, un conto è chiamare Drow una creatura di pelle scura, coi capelli candidi, e affinità con la magia e piazzarla in una foresta, renderlo amante dell'aria aperta e della natura (che NON sono caratteristiche razziali) stravolgendo tutto. Bastava non chiamarli Drow, bastava ingannare le cacaballe come me definendoli con un altro nome e lasciandone le caratteristiche fisiche e di abitudini. Sarebbe bastato questo. Oppure, bastava che la Troisi inventasse una razza a se stante da collocare ad hoc in un romanzo fantasy di questo tipo e gioco fatto. Mentre a me sembra che per aggirare il problema dei diritti che la Wizard ha sui Drow sia stata fatta la scelta di stravolgerli per evitare rogne ma senza rinuciarvi.
Il sospetto maligno che mi viene in mente è che tale oscura razza sia talmente evocativa e attraente da essere stata scelta proprio per l'appeal che genera nel pubblico di chi li adora. Me inclusa. Solo che nei Dannati di Malva i drow non sono Drow.

Una cosa è però da dire. Ai lettori di Verdenero importa il messaggio del libro e quello c'è. Ai lettori di Verdenero importa che sia messa in evidenza l'ingiustizia sociale ed ecologica che l'uomo perpetra senza ritegno e questo c'è. I lettori di Verdenero di certo non sono dei malati del fantasy come la sottoscritta e quindi sto fastidio dei drow non lo avvertiranno proprio. Ergo, tutto quello che ho detto sopra può non interessare affatto a Verdenero e all'autrice che aveva altre specifiche.

In altre parole, siamo tutti contenti, loro perchè hanno raggiunto i loro obiettivi, e io perchè mi sono tolta questo sassolino dalla scarpa.

lunedì 3 marzo 2008

Il Segreto di Krune- Recensione

Ieri sera ho concluso la lettura del Segreto di Krune di Michele Giannone ed eccomi qui a dare un'impressione più o meno a caldo. Nel senso che sono giorni che cerco tra me e me le parole giuste per trasmettere efficacemente l' originalità di questo fantasy rispetto a ciò che ho letto in questi anni.
Non è un capolavoro assoluto,
Michele mi perdoni se la butto lì ad inizio commento, ma bisogna subito precisare che non è il fantasy della vita, quello che ti folgora e cambia la tua esistenza di lettore. Eppure Krune lascia un segno che non va via facilmente.

Krune è un regno matriarcale in cui le femmine dominano la società esercitando sui maschi un potere totale derivante dalla magia. Le femmine di Krune, infatti, per intercessione della dea Elle, posseggono talenti magici mentre i maschi ne sono sprovvisti e grazie a incantesimi di controllo mentale come il Sussurro, le femmine gestiscono la vita e la morte dei maschi di Krune che sono trattati alla stregua di schiavi e di carne da macello nelle battaglie. La gerarchia domina il Matriarcato rigidamente organizzato in base a rango e professione: le Matriarche esercitano il potere politico della società, le Nutrici sono le femmine destinate a vita alla riproduzione, le uniche che possono toccare un maschio nella loro vita, e le Vigilanti sono l'equivalente degli ufficiali per un esercito. L'obbedienza è il valore-dovere delle donne di Krune, prima alla dea Elle e poi alle Matriarche. Cosa accadrebbe se un maschio straniero giungesse per caso a Krune dimostrando di essere immune alla magie delle femmine del matriarcato e mostrando talento magico a sua volta? E cosa accadrebbe a una Prima Vigilante che, davanti a tale maschio, vedesse sorgere in lei dubbi e perplessità che non aveva mai avuto prima? Ecco, questa è la storia di Mareq Tha di Krune e di Jaat della tribù dei Natrè.

Krune non è una versione non d&d della società drow. Come quella è dominata dalle donne e come in quella c'è una Dea che giustifica il potere delle femmine ma per il resto Krune è lontana anni luce dalle drow. E questa è già parte della novità di Giannone. Krune è una collettività che non si basa sull'egoismo e sull'indivisualismo quanto piuttosto sull'obbedienza dei singoli alle leggi.
Il Matriacrato viene prima di tutto, prima della vocazione delle donne che non scelgono cosa diventare nella vita ma vengono "scelte", prima dei sentimenti e prima delle emozioni. I signoli non agiscono per il proprio bene ma subordinano se stesse alla collettività che è l'unica cosa che conta. Insomma, le drow non c'entrano un bel nulla e questo non fa che deporre a favore del libro poichè Michele riesce a non cadere in facili luoghi comuni di genere ma si addentra in problemi molto più annosi che non le scaramucce tra le sacerdotesse drow. Giannone è un autore colto, profondo, che con Krune ripropone in chiave fantasy la secolare opposizione tra singolo e collettività risolvendola, come è logico che sia, in modo traumatico.

La seconda cosa che fa del Segreto di Krune un fantasy diverso dal solito è la grande cura che Giannone riserva alla psicologia della sua protagonista, Mareq Tha, per tutta la durata del libro. Mi era capitato raramente di leggere tanta delicatezza e precisione nella definzione della psiche del personaggio principale e la cosa mi ha sorpreso. A volte Giannone tralascia dettagli importanti dell'ambientazione affidandoli direttamente a Mareq Tha e ai suoi sentimenti:è attraverso le sue riflessioni, i suoi lunghi silenzi iniziali e le sue reticenze che comprendiamo effettivamente al portata del condizionamento di Krune sulle sue femmine. E' attraverso i suoi dubbi e la caduta lenta ma inesorabile di certezze che si svelano per quello che sono, ovvero menzogne, che si comprende Krune.
Ed è attraverso il lento risveglio di sentimento mai provati, che capiamo quanto l'incontro con Jaat e con culture differenti, induca a un ripensamento globale di quelle "verità" che si credeva eterne.

Quello che invece mi ha colpito in assoluto è lo stile di Giannone. Elegante e misurato, l'autore usa poche parole ma dense e significative. Crea immagini e descrive atmosfere con delicatezza e vivida precisione senza mai una sbavatura. Mai una parola di troppo, mai un aggettivo in più, mai un termine inadatto alla circostanza. Il registro linguistico che tiene è impeccabile, misurato, pulito. In questo mi ricorda moltissimo la bellezza del linguaggio della LeGuin. Quasi non sembra che stia scrivendo di fantasy....

Tutto rosa e fiori dunque? Bhè no, l'avevo detto subito che il segreto di Krune non è un capolavoro. Innanzi tutto il lettore lascia Krune dopo pochissime pagine dall'inizio del libro soffrendo un pò della sindrome dell'abbandono. Appena il tempo di "capire dove si è" che già Mareq Tha e Jaat sono in fuga da Krune. Senza contare che le certezze decennali della donna non ci mettono poi così tanto tempo a crollare, diciamo qualche giorno (almeno nella sua forma meno _intima_) e forse la cosa è un pò incongruente.
Anche l'evoluzione psicologica di Mareq Tha mi lascia un pò perplessa, la vedo forzata, spinta quasi all'eccesso opposto rispetto al punto di partenza. Il tutto nel giro di pochi mesi. Probabilmente è stata una scelta precisa di Giannone proprio per evidenziare la portata enorme di quello che accade nel cuore e nella mente di Mareq Tha con lo svelamento del Segreto di Krune (che, tra le altre cose, il lettore capisce quasi immediatamente....). Però un pò mi fa storcere il naso. Un pò troppo sentimentale come soluzione, un pò da visione maschile della cosa, insomma.
Il finale è troppo frettoloso e forse anche molto sbilanciato verso la storia di Jaat sebbene Giannone riesca benissimo a intrecciare il suo destin con quello di Mareq Tha in modo che anche questo sbilanciamento venga compreso.

Nel segreto di Krune, insomma, nulla è lasciato al caso e ciò lo rende un libro davvero da leggere. Intendiamoci, chi ama le grandi armate, i grandi gesti eroici, la magia grandiosa, forse rimarrà deluso. Ma chi apprezza i sentimenti, le belle ambientazioni, i grandi temi come il rispetto e l'unione tra i popoli, il concetto di libertà di scelta e di libero arbitrio, non rimarrà deluso da Krune.

Michele, a quando il seguito??? ^^

sabato 1 marzo 2008

Grazie!!

Premio D eci e lode

Con un colpevolissimo ritardo mi appresto a dare giusto ringraziamento per il bel premio che è stato assegnato a questo blog ormai una settimana fa. Grazie alla cara Fede anche io mi bullo del premio D eci e Lode!! Evviva! Per chi non sapesse di che si tratta:

Che cos'è?
D eci e lode è un premio, un certificato, un attestato di stima e gradimento per ciò che il premiato propone.
Come si assegna?
Chi ne ha ricevuto uno può assegnarne quanti ne vuole, ogni volta che vuole, come simbolo di stima a chiunque apprezzi in maniera particolare, con qualsiasi motivazione (è o non è abbastanza elastico e libero?!) sempre che il destinatario, colui o colei che assegna il premio o la motivazione non denotino valori negativi come l'istigazione al razzismo, alla violenza, alla pedofilia e cosacce del genere dalle quali il "Premio D eci e lode" si dissocia e con le quali non ha e non vuole mai avere niente a che fare.
Le regole
- Esporre il logo del "Premio D eci e lode", che è il premio stesso, con la motivazione per cui lo si è ricevuto. E' un riconoscimento che indica il gradimento di una persona amica, per cui è di valore;
- Linkare il blog di chi ha assegnato il premio come doveroso ringraziamento;
- Se non si lascia il collegamento a questo post già inserito nel codice html del premio provvedere a linkare
questa pagina (sotto c'è il pratico copia e incolla);
- Inserire il regolamento (sotto c'è il pratico "copia e incolla");
- Premiare almeno 1 blog aggiungendo la motivazione.

Grazie Fed, oltre a tante strane passioni fantastiche, noi abbiamo condiviso, e lo facciamo ancora, pezzi interi di vita e questo resta il dono più bello.

Ok, ora da regolamento tocca a me assegnare il premio ma la cosa è un pò complicata visto che molti della mia blog roll sono stati già accaparrati!!!

In questo momento mi sento di assegnare il premio al primissimo blog che abbia mai frequentato in vita mia che è anche quello che non ho mai commentato o quasi. E' il blog di Stefano Epifani amico e sommo prof., probabilmente senza di lui e la sua smodata passione per la blogosfera, nonchè per le decine e decine di lezioni martellanti sul web 2.0, il Castello di Mirtillangela non sarebbe mai nato. (checchè lui ne dica... :P )