martedì 29 gennaio 2008

Italiche "fantasy" glorie

In un vivacissimo post di commento a Un Nuovo Regno della Troisi sul bel blog di Arianna si è innescata una discussione sul nuovo fenomeno che sta investendo l'editoria italiana in questi anni: il proliferere di giovani autori fantasy.
Come spesso accade quando un fenomeno passa dalla nicchia alla ribalta, la questione su cui si è posta l'accento è sul tipo di qualità che quest'afflusso di esordienti garantisce sul panorama fantasy attuale. In altre parole: la grande quantità di nuovi autori di genere rispecchia un eguale livello di qualità della loro narrativa?

Qualcuno sostiene che, in questa sorta di bulimia fantasy, si finisca per dare spazio un pò a tutti innescando un abbassamento della qualità dei libri che spesso sono ripetitivi e non originali nei temi; altri, come me, la pensano in modo un pò diverso.

Capita sempre che i fenomeni "di massa" generino dubbi di questo tipo, è capitato di continuo in passato e non smetterà di succedere in futuro; nell'abbondanza, chissà perchè sempre intesa come sinonimo di acriticità,
si nasconderebbe il pericolo della mancanza di qualità. Io penso, al contrario, che nell'abbondanza si possa distinguere, e quindi scegliere, il prodotto davvero buono e valido con maggiore facilità che non nella scarsità.

Fino a qualche anno fa, diciamo con l'inizio di Harry Potter e il Signore degli Anelli film, in Italia c'erano pochissimi nomi fantasy, io ne leggevo solo una Mariangela Cerrino. Poi, col trionfo del genere fantastico al cinema come negli scaffali delle librerie di mezzo mondo (e su questo si aprirebbe un'altra bella discussione), gli autori sono sbucati come funghi e, finalmente, mi è stato possibile: leggere, confrontare e quindi giudicare in modo critico.

Senza confronto, in un panorama "monopolistico", la cosa mi sarebbe stata impossibile.

Intendiamoci, non è che mi strugessi di dolore senza autori italiani in giro, gli stranieri abbondavano e abbondano a tutt'oggi, ma era giusto che anche gli scrittori nostrani avessero una possibilità. Diciamocelo, la cultura italiana è troppo elitaria e snob per aprire al fantasy in modo spontaneo, ci sono voluti i miliardi della Rowling e di Peter Jackson per smuovere le cose, ma alla fine qualcosa è cambiato (persino l'Einaudi se n'è
accorta...con qualche annetto di ritardo ma ce l'ha fatta!!) e ora abbiamo Licia, Francesco, Marco, Michele e moltissimi altri che, perdonatemi, al momento non ricordo.

Ora, si può gradire o meno quello che scrivono, ma almeno ci sono!!!! (con buona pace del mio bancomat...)

Voi che ne pensate?

giovedì 24 gennaio 2008

Io Sono Leggenda (libro)- Recensione


Ieri sera ho comprato il libro Io Sono Leggenda e ieri notte l'ho finito. Duecento pagine o poco più scritte in quel modo non possono essere lette in più di due ore. Eh no. Vanno bevute (tanto per rimanere in tema...) e gustate tutte d'un fiato semplicemente perchè è impossibile non farlo.

Preciso subito una cosa: come già detto da molti di voi, libro e film non hanno nulla a che vedere se non il titolo e il nome del protagonista ma la cosa, alla fine, non mi ha disturbata. Ero partita nella lettura con la precisa idea di leggere qualcosa di totalmente diverso da ciò che avevo visto al cinema e mi sono sentita libera di immedesimarmi tra le pagine di Io Sono Leggenda senza l'angoscia di paragonare i due prodotti. Sarebbe stata fatica inutile.

Il libro di Matheson è sorprendente. E' vero, la presenza dei vampiri, di paletti e di aglio, fa di Io Sono Leggenda un libro "fantastico" e quindi potenzialmete di nicchia ma, se al posto dei succhiasangue mettessimo uno qualsiasi dei grandi spauracchi dell'umanità, il libro sarebbe egualmente meraviglioso. Perchè al centro della storia c'è semplicemente un uomo, solo al mondo, circondato da mostri che vogliono ucciderlo. C'è la disperata quotidianità di una persona attaccata alla vita che lotta contro se stesso e i suoi vizi per sopravvivere, che cerca di rimanere sano di mente lì dove la follia sarebbe l'unica soluzione, c'è un uomo che cerca rifugio nella razionalità della scienza e c'è, infine, un essere umano che soccombe davanti a una nuova "disumana" umanità. Il tutto scritto con uno stile narrativo impeccabile senza cali di tensione, senza inutili ridondanze, senza orpelli e lungaggini di sorta.

Non svelo i dettagli del libro perchè sarebbe una cattiveria gratuita. Dico solo che la normalità è un punto di vista e che ogni nascente epoca dell'umanità ha avuto le sue Leggende con cui fare i conti.

Domandone finale: libro o film? Bhè, direi entrambe per motivi diversi.
Quello che mi è piaciuto del film è la ricostruzione della desolazione che circonda Robert Neville, credo che il senso di solitudine mista a follia del protagonista che si aggira routinariamente in città abbozzando persino discorsi vuoti con i manichini, sia stato davvero ben delineato. Del film mi piace anche la non eccessiva caratterizzazione dei vampiri perchè, nell'economia del film per come è stato sceneggiato, paletti e aglio non avrebbero avuto molto senso.

Del libro mi piace l'umano dibattimento di Neville posto davanti alla disperazione, le sue giornate di euforia e le settimane di totale annullamento alcolico; ho trovato il tentativo di addestramento del cane estremamente più straziante del rapporto, già bello eh, di Neville con sam nel film. E poi il finale.... bhè, tutto un altro spessore rispetto al film....

Cmq, pur nella diversità, libro e film mi hanno soddisfatta senza lasciarmi quel senso di presa per i fondelli che ho sperimentato di recente con altre produzioni.

lunedì 21 gennaio 2008

Io Sono Leggenda- Recensione


In compagnia di Rob e Fede ieri sono stata al cinema a vedere Io sono Leggenda. Premetto che il libro omonimo non l'ho letto ma la cara Fed mi aveva già detto che libro e film non c'entravano nulla ergo andavo a cuor leggero. Almeno la produzione non aveva preteso, nè propagandandato, il film come trasposizione cinematografica fedele del libro....

Mi è piaciuto molto. Ho apprezzato la performance di Will Smith che per la stragrande maggioranza del tempo ha recitato in solitaria contando solo sulla sua espressività per trasmettere sensazioni.

E di emozioni Io Sono Leggenda è davvero ricco. Il film trasuda solitudine e disperazione, uniti ad una buona dose di tristezza ed angoscia: Robert Neville è l'unico sopravvissuto ad un virus letale che ha trasformato il 90% della popolazione mondiale in bestie notturne assetate di sangue umano. In una parola, vampiri, sebbene della classica tradizione vampiresca questi mostri non hanno nulla se non l'odio per la luce. E sta bene così. Credo che in un film del genere i classici topos come l'immortalità, la rigenerazione, i paletti di legno e le decapitazioni avrebbero finito per snaturare il vero cuore del film: la disperata e quasi folle solitudine di un uomo che si ostina a non mollare. Robert Neville è un colonello dell'esercito ma in più è uno scienziato e in quanto tale non può che rispondere alla sua vocazione: cercare un modo per salvare ancora l'umanità. E' un obbligo morale. Ed è anche una scelta di vita che, forse, lo salva dalla follia, dando un senso ad una sopravvivenza altrimenti vuota e fatta di muti discorsi con i manichini dei negozi.
Gli esseri umani devono avere uno scopo per vivere e lottare e Neville aveva la sua ragione, la sua scienza .

Will Smith fa davvero un gran lavoro. Espressivo e emozionante riesce a reggere bene la scena di un film di cui è l'unico attore umano fino quasi alla fine e la cagnetta che lo accompagna fedele nei suoi giri è fenomenale, un'attrice davvero intensa.

Insomma, Io sono Leggenda è un bel film soprattutto perchè non ha nessuna pretesa dichiarata di essere la copia del libro ma solo di averne preso spunto mostrando un'onestà decisamente apprezzabile di questi tempi.... Riesce, inoltre, a catturare emotivamente lo spettatore in una morsa di angoscia tale che alcuni ragazzetti accanto a noi, in un momento particolarmente teso, non facevano che ripetere: "Aò no, eh, me ve vojò annà!! Io nun je la faccio...."

venerdì 18 gennaio 2008

Pensieri lucchensi

E' vero che è solo gennaio. E' vero che mancano centinaia di giorni a novembre ma, fidatevi, non è mai troppo presto per pensare all'appuntamento fumettaro-giocoso dell'anno ovvero il Lucca Comics & Games. Quest'anno la manifestazione si terrà dal 30 Ottobre al 2 Novembre sempre nella cornice della bella cittadina Toscana.

E speriamo di trovare un benedetto alloggio IN CITTA' stavolta!! Sono almeno due anni consecutivi che Rob, io, Alessandro e
Fed siamo costretti a sciropparci più di 20 Km di macchina aggiuntivi per andare a dormire qui. Ecco, per carità, modica spesa per alloggio decoroso però ragazzi, se l'anno prossimo ci riesce finalmente di conciarci come loro

io non ci entro in una pensione gestita da una vecchietta che ormai ci chiama "bambini" vestita da sacerdotessa drow!!! Almeno a Lucca città ci sono abituati ai pazzi ma la signora di Borgo a Mozzano potrebbe pensare moooooooolto male dei sottoscritti!!

L'anno scorso ci abbiamo provato a prenotare in città, ho chiamato tutto gli hotel, pensioni e b&b di Lucca a GIUGNO (il comics è a novembre....) e ho trovato solo UN hotel disponibile. Peccato, che in sede di conferma prenotazione, a Ottobre come stabilito, avendo noi deciso di alloggiare solo una notte invece che due, il lussuoso hotel mi ha detto che per un solo pernottamento non poteva accettare la prenotazione. E così, nuovo giro di telefonate e prenotazione finale al Pescatore.

Speriamo che quest'anno vada meglio ^_^

Intanto l'allestimento costume procede: il mantello, la parrucca bianca, la spada (grazie Fed ^^) , il cerone nero e le borsette da cintura ce le ho, non resta che rimediare le orecchie a punta, una mezza armatura (o un bustino) e un frustino (e non pensate male... :P).
Ah, si, e devo fare la dieta. Una drow cubica non s'è mai vista, no???

mercoledì 16 gennaio 2008

Nascita di una Mirtilla


Nel piccolo villaggio di contadini addormentato ai piedi del Monte Majella era un giorno come un altro. L'impietosa pioggia di gennaio non voleva smettere di cadere sui tetti di paglia e continuava imperterrita a picchiettare sulle stradine sterrate ormai percorse da decine di rivoli di acqua scura. Era un sottofondo a cui gli abitanti del villaggio erano abituati tanto da non farci più molto caso e la vita scorreva come al solito: il fornaio si era svegliato dall'alba per sfornare le sue pagnotte, il calzolaio dava forma alle tomaie e la sarta creava indumenti per la prossima festa di paese.
Solo la bottega del fabbro rimaneva ostinatamente chiusa lasciando il villaggio orfano dei ritmici colpi del martello sull'incudine. "E' per Angela, sua moglie, il bambino vuole nascere prima del tempo" si mormorava tra le umide stradine del paese. Sguardi curiosi ed apprensivi erano rivolti alla bottega sbarrata.

Il fabbro aveva dormito poco e niente quella notte. La giovane moglie al suo fianco si agitava nel letto in cui era bloccata ormai da mesi. Il bimbo, o la bimba, che portava in grembo aveva più volte corso il rischio di non vedere mai la luce del sole in quei mesi di lunga attesa. Angela, accudita dalla madre che viveva con loro, non si era mai lamentata di nulla, mai un gemito di troppo, mai un rimpianto. La gioia di diventare madre dopo molti tentativi cancellava ogni sofferenza.

Ma quella mattina le cose erano precipitate e il fabbro era stato costretto adaccompagnare la vecchia ostetrica dalla moglie in tutta fretta. Era presto, almeno un mese di troppo per partorire, ma il corpo stremato di Angela non poteva più trattenere il bambino. Ora l'ostetrica e la futura mamma erano chiuse nella camera matrimoniale e il fabbro non poteva fare altro che attendere. Era calmo e fiducioso all'apparenza ma ogni rumore proveniente dalla stanza lo faceva sussultare.

Fu una lunga attesa, fatta di acqua calda, volti tirati e parole dette a mezza bocca. Il travaglio durò fino a sera ma quando l'ostetrica aprì la porta e sorrise al neopapà il fabbro si precipitò da Angela e la trovò pallida, esausta, ma con il loro pargolo, minuscolo e fragile come porcellana, tra le braccia. Un sorriso dolce le piegava le labbra: "Una bimba" mormorò con un filo di voce. Al fabbro si fermò il cuore in gola e con un pizzico di goffaggine provò a toccare la creatura che però, al tocco ruvido della mano, iniziò a piagnucolare. Angela rise ed anche il fabbro con lei.
La notizia corse veloce nel piccolo villaggio ai piedi del Monte Majella e gli abitanti, incuranti del tempo infausto, festeggiarono la nuova arrivata fino a tarda notte.

"Che nome avete scelto?" chiedevano "Mirtilla, ovviamente!" rispondevano i due ridendo.

ps: mamma, tanto lo so che leggi, questo post è dedicato a te e papà!!!

domenica 13 gennaio 2008

Videogiocando


Mi ci voleva proprio. Dopo aver letto nell'ordine: l'Ombra della Profezia, La Maschera e le Tenebre e Harry Potter e i Doni della Morte nel giro di pochissimi giorni tanto da avere a volte strane allucinazioni, da ieri sera io e Rob ci stiamo dedicando ai videogiochi. Una goduria!

Abbiamo ricominciato per la seconda volta il gioco di ruolo: Baldur's Gate: Dark Alliance II per xbox tanto per sperimentare il gioco con personaggi diversi da un necromante e una monaca drow.
All'inizio, nella fase di scelta del pg, Rob ha optato per il chierico e io ero indecisa tra nano e barbaro (le uniche due razze restanti) quando sullo schermo spunta un nome: Drizzt. ( e chi legge Bob Salvatore sa di chi sto parlando...)
Guardo Rob con occhio perplesso: "Drizzt?? E mò che c'entra?" e lui: "Bhò, clicca e vediamo che succede".

Detto fatto. Ora sto gestendo niente-popò-di-meno-che il grande Drizzt D'o Urden, il drow più abile con le scimitarre che la storia della Forgotten Realms (per chi non sapesse, si tratta di un'ambientazione particolare del d&d) abbia visto!! Rob sta ancora rosicando dal momento che ha un chierico di primo livello mentre il buon drow parte già dal 16 esimo ma alla fine mi sfrutta biecamente: nei dungeon lui spalanca le porte poi scappa e aspetta che io faccia piazza pulita!

Mah, che uomo d'onore non c'è che dire....

Ma del resto... (amore, dai, alla fine non è un problema, davvero...) ve l'ho già detto che il suo chierico è una chiericA? No?? Oh, che strano, eppure credevo di averlo già rivelato.... *faccia vaga e vendicatrice*

Oh bhè, mi ci voleva proprio. Mi devo un attimo disintossicare dai libri. A proposito, avete qualche consiglio fantasy in caso mi andasse di leggiucchiare qualcosa di tranquillo?
Niente Pratchett nè Terry Brooks, non sono così disperata, grazie!!! ^_-

mercoledì 9 gennaio 2008

Harry Potter e i Doni della Morte- recensione


Parto con una premessa. Io questo commento non lo volevo scrivere. Testimonianza ne è che ho finito il libro due giorni fa e non ho ancora scritto nulla a riguardo. Forse è un bene, suvvia.

Parto con quello che mi è piaciuto molto. Innanzi tutto il finale della storia. E' vero, è complesso e non è di immediata comprensione perchè alla fine la Rowling ha messo tanta tanta carne al fuoco, ma è all'altezza del genio dell'autrice. Mi è piaciuto molto vedere Neville diventare un coraggioso combattente e mi è piaciuto scoprire che Silente non è proprio uno stinco di santo (e meno male!). Mi è piaciuto anche molto che Piton... no no, ok, non dico altro, qualche lettore del blog mi ha già minacciato di morte se svelo troppo della trama visto che non ha ancora letto il libro! Quindi mi limito a fare qualche considerazione pindarico-emotiva delle mie.

Non so che cosa sia preso alla Rowling ma il libro, nella struttura, nello svolgimento narrativo ma soprattutto nei sentimenti, non è all'altezza di quelli che lo hanno preceduto. E non solo perchè in alcune parti è mortalmente lento, ripetitivo o forzato, ma perchè la Rowling e il palpabile divertimento che l'autrice metteva nello scrivere e che finiva per contagiare il lettore in modo assoluto, sono pressocchè spariti. L'autrice sembrava aver smesso di essere felice di scrivere di Harry e compagnia rifugiandosi dietro la necessità di concludere l'opera nel modo meno indolore possibile e amen. E il pretesto che si trattava di un libro volutamente teso e cupo per il tema che affrontava, non regge proprio, non con lei.

La Rowling non ha mai fatto mistero della fatica che ha messo a scrivere quest'ultimo romanzo della saga, quello che avrebbe determinato la fine di un sogno durato più di 10 anni (ragazzi, sono praticamente una vita!!) e personalmente dico che si vede. La difficoltà dell'autrice nell'affrontare questo libro è quasi palpabile come dimostra la scelta di accelerare al massimo la chiusura di molte vicende e di molti vecchi misteri e curiosità con rapidità forse eccessiva.
Con questo non voglio dire che l'autore e le sue sensazioni debbano sparire dal libro che scrivono, sarebbe un'eresia indifendibile e non vera anche alla luce di quanto ho detto sopra. Dico soltanto che la tristezza provata dalla Rowling nello scrivere ha talmente influenzato la scrittura da averla snaturata. Non è neppure un problema di editing, anche perchè quale casa editrice andrebbe a dire a una che ha venduto più di 300 milioni di copie (secondo altre fonti anche 500) dietro quasi solo alla Bibbia, che serve qualche mese di limatura qua e là? Penso nessuno.

E' un problema di cuore. C'era bisogno di mettercene così tanto in questo episodio conclusivo che chiudeva un'epoca che la Rowling ha involontariamente messo una sorta di schermo tra se stessa, i personaggi e la vicenda intera forse per non dire loro addio col "cuore". Ho avvertito troppo spesso una sorta di freddezza e una celerità quasi autoprotettiva nella scrittura che ha finito per non farmi entrare nei personaggi e nella storia come di consueto. Non dico che i Doni nn siano stati emozionanti, lo sono stati per i continui colpi di scena, ma non bastano per fare coinvolgimento. Al massimo stupore.

Penso a Stroud e la trilogia di Bartimeus. Nell'ultimo libro, straziante, inevitabile e dolcissimo allo stesso tempo, la tristezza dell'autore nel chiudere la saga è sparita dietro la bellezza con cui ci ha consegnato i personaggi, con cui ce li ha fati vivere. A confronto, lo scontro finale di Harry e Voldemort è una passeggiata di salute perchè si limita a descrivere e non a far sentire. Tutto questo vale ovviamente per me che, si sa, sono una discreta rompiballe da buona Mirtilla.

Sapete dove ho ritrovato la vera Rowling? Nel capitolo finale, quello dei 19 anni dopo. Ho ritrovato la freschezza, il gusto di scrivere e di pennellare parole solo dopo che si era tolta di mezzo il peso della chiusura della saga. Forse perchè intravede da già nuovo sviluppi, chissà.

Cmq ho già detto troppo, ora me ne vado a vedere Harry Potter e la pietra filosofale che stanno dando su Rai Due!!! ^__^

martedì 8 gennaio 2008

Terre D'Ange... to be continued!


Ok, direte che sono entrata in fissa, ma non è colpa mia!! Oggi su fantasy magazione ho appreso questa bella notizia: la Carey continuerà a scrivere di Terre D'ange!! E' lei che mi perseguita, io non ho colpa.... :P

La notizia mi rallegra per una serie di motivi che non hanno direttamente a che fare con quello che pensate voi, maliziosi che non siete altro. Son contenta che la Carey scriva ancora di Terre D'ange, di Phedre e più avanti di Imriel e chissà poi di chi altro, perchè l'autrice non si è limitata a creare una storia inscritta in un mondo fantatico (cosa molto frequente di questi tempi). La Carey ha creato un'ambientazione dettagliata ed accurata tanto da poter essere usata e riusata come scenario di decine e decine di storie.

Mi ricorda la Bradley con Darkover. La Bradley ha creato un mondo ben preciso, fatto di regole e di ruoli riconoscibili (se dico Guardiana ho detto mooolto di più che un appellativo, ho detto un sistema di credenze e valori). Poi ha dato a questo mondo uno sviluppo temporale ben preciso sul quale ha impiantato le vicende dei Sette Regni e dei Comyn. Chi gioca di ruolo sa benissimo a cosa faccio riferimento: sull'ambientazione di un mondo si costruiscono poi personaggi e intrecci di ogni tipo.

Ecco. A me pare che la Carey abbia le potenzialità per fare la stessa cosa perchè ha definito tempo, luoghi, ruoli e, soprattutto, cultura e religione di Terre D'ange. O almeno, questa è la strada che mi pare abbia intrapreso poi magari cambierà di brutto e il metterò al rogo i tomoni.... :P

Non sono una grande estimatrice dei seguiti di libri di successo. A volte il coraggio di un autore sta anche nel riconoscere di aver dato tutto con una storia senza stiracchiarla all'estremo. E' un atto di sincerità e impegno verso il lettore quello di assicurargli un bell'inizio e una bella fine (detta così sembra un pò lugubre... :P). Ma ci sono ambientazioni che possono correre il rischio di tirare la corda ancora per un pò e la Carey mi pare che possa essere una dei quelle (anche perchè di nodi e corde la sua amata anguisette è parecchio esperta...).

Oh, poi magari la Carey scriverà schifezze.... e io l'aspetto al varco!! (credo anche voi dopo che vi ho fatto una testa così di sta benedetta Phedre!).

domenica 6 gennaio 2008

La maschera e le tenebre- Recensione


Alla fine dopo tante peripezie, ho comprato e divorato La Maschera e le Tenebre della Carey.
Si, l'ho letteralmente mangiato con avidità e trepidazione perchè ho finalmente ritrovato la Carey che mi aveva colpito nel Dardo e la Rosa e parzialmente deluso con la Prescelta e l'Erede.

Iniziamo con quello che mi ha fatto storcere il naso. Struttura narrativa identica ai precedenti tomi: casini vari in Terre D'ange e necessario spostamento in terre ignote; ripetitività delle situazioni e dei gesti estremi della bella Phedre conditi dalla totale mancanza della cattiveria della cattiva per eccellenza ovvero Melisande. Inoltre, c'è sempre l'immancabile successo della nostra cortigiana preferita e il successivo trionfo in terra patria.

Cosa resta, direte voi??
Restano l'amore e la compassione che sono i termini più ricorrenti di tutto il lungo romanzo. Resta l'angoscia ed il senso di umana arrendevolezza davanti al volere del divino e resta, anche, il grande valore della promessa e del sacrificio fatto per amore.

Per chi non avesse letto nulla della Carey, il mondo in cui avvengono le avventure di Phedre è un mondo geograficamente simile all'europa. C'è la serenissima, c'è l'ellade, c'è la tradizione cattolica e quella ebraica nei nomi di luoghi e nelle storie che costituiscono il tessuto sociale e culturale di tutta la trilogia.
Phedre appartiene ad una razza, gli angeline, che vivono in Terre d'Ange (pressapoco la Francia). Belli come il sole, seguono i precetti del Beato Elua, il figlio illegittimo dell'Unico Dio che decise di calcare la terra seguito dai suoi Compagni tra i quali: Naamah che giacque coi potenti per permettergli di sfamarsi e predicare il suo preceto d'amore, Kushiel il giudice, il castigatore e futuro dio della sofferenza, e Cassiel, l'unico dei compagni di Elua che lo seguì per amore disinteressato. In Terre d'Ange tutti loro posseggono chiese e credenti.
Phedre è una cortigiana devota a Naamah ma è contemporanemante la prescelta di Kushiel che l'ha marchiata dalla nascita con una goccia cremisi nell'iride. Ciò fa di Phedre un'anguisette, praticamente una masochista, che nel dolore e nella sofferenza della carne trova godimento. E' una cortigiana ambitissima e ricercatissima (in terre d'ange il sesso è un'arte ed una professione dal momento che il precetto di Elua è "ama a tuo piacimento" e ci sono almeno 5 diverse case di Adepti dell'arte da alcova) per queste sue doti, doti che vengono affinate negli anni fino a farne di lei un'abilissima spia.

A cosa serve questo pistolotto? E' assolutamente necessario per comprendere il contesto in cui si svolge l'azione e per non guardare con orrore e pregiudizio quello che Phedre e Joscelin, il suo compagno che per lei ha infranto la castità a Cassiel e la "protegge e serve" da guerriero d'onore, sono costretti ad affrontare nella Maschera e le Tenebre. La religione e il rispetto del volere indicato dagli dei è fondamentale in questo tomo ancor più che negli altri.

10 anni dopo le vicende narate ne La prescelta e l'erede, Imriel, il figlio di Melisande abilmente nascosto dalla madre alla corte di Ysandre de la Courcel, sparisce misteriosamente dal suo rifugio e la donna chiede a Phedre di trovarlo in sua vece. La cortigiana, strappato il consenso della sua regina, parte per luoghi inesplorati col cuore gravato da due obiettivi: trovare Imriel e trovare, parimenti, un modo per liberare Hyacinthe, lo zingano che 10 anni prima si era accollato una terribile ed eterna maledizione al posto suo. Durante il lungo viaggio che porterà Phedre e Joscelin in Africa fino in medio oriente, accadono molte cose.
Il fulcro di tutto, almeno di tutta la parte più dura ed emotiva del libro, si svolge a Darsanga, la regione ai confini del mar caspio governata da un giovane tiranno assassino e spietato. Ed è per liberare Imriel dalle sue grinfie che Phedre e Joscelin, spinti dal volere congiunto di Elua, Naamah e soprattutto Kushiel, affrontano la scelta più atroce della loro esistenza da compagni, una scelta ai nostri occhi folle ed insensata ma perfettamente coerente col precetto di Elua e con la volontà giustiziatrice di Kushiel.

Non dico molto altro, dico solo che le arti di anguisette di Phedre verranno portate al limite e con esse la sopportazione dell'inerme compagno cassiliano sottoposto alla peggiore delle torture che non è certo quella delle carne ma quella del cuore.

La Maschera e le Tenebre non è un libro epico nè solenne ma fa appello all'umanissimo sentimento che è l'amore (inteso nel senso dell' ama il prossimo tuo, non solo dell'amore sensuale di un compagno). Amare il prossimo, anche coloro che hanno precedentemente fatto del male, è un obbligo per colei che reca i segni di molti dei sul suo corpo. Accogliere la sofferenza e il dolore fisico per infliggere giustizia e mostrare compassione, sono gli obblighi di Phedre in quest'ultimo splendido romanzo della Carey che è avvolgente, estremo e carico di pathos. Dalle maliziose ed ammiccanti vicende di corte narrate nel Dardo e la Rosa, si è passati inesorabilmente a temi e azioni dal sapore forte, aspro.

Non è un libro per tutti, credo che il tema della cortigiana angeline che offre il suo corpo per giungere a degli scopi, siano temi abbastanza fraintendibili e facili da svilire. Il fatto che Phedre non abbia mai usato il suo corpo per fini propri ma solo per riguadagnare la libertà di cui è stata privata da ragazzina e per salvare a più riprese il suo regno dagli invasori, rischia di passare in secondo piano davanti al tema piccante rappresentato dalle sue arti. Ma per fortuna l'autrice è stata molto abile nel far comprendere appieno la cultura angeline in cui si iscrivono tali gesti anche grazie al confronto con le molte civiltà altre incontrate da Phedre. Ciò non toglie che per chi è un pò impressionabile (certe scene sono davvero forti) e anche possessivo in tema amoroso, forse la Maschera e le Tenebre non è una lettura agevolissima...

Alla luce di quanto detto, i difetti del libro che ho indicato ad inizio post trovano comunque una loro collocazione persino il solito lieto fine, posso assicurarvi che se fosse finito pure male sto libro sarebbe stato emotivamente pesantisimo, specialmente per le ragazze. Phedre incarna una femminilità ed un dono totale di sè che non è semplicissima da comprendere perchè molto diverso dall'odierno modo di vivere corpo e sesso ma il fascino della bella e intelligente cortigiana (e pure fortunata perchè di Joscelin così non se ne trovano in giro) sta anche nella sua fragilità di diamante.

Buona lettura!

giovedì 3 gennaio 2008

Un buon avvio d'anno

Direi che l'anno si apre nel migliore dei modi: sono finalmente riuscita a mettere le mani su una copia non fallata de La Maschera e le Tenebre della Carey, e sono anche in attesa della fatidica data del 5 Gennaio.

Ormai lo sanno praticamente tutti: per quel giorno è prevista l'uscita del settimo e ultimo libro di Harry Potter in italiano. Il volume in inglese è uscito lo scorso luglio e ammetto con soddisfazione di essere riuscita nell'epica impresa di evitare gli spoiler via web o via quotidiani. Un pò più complicato è stato evitare gli inopportuni servizi spoilerosi del TG5 ma credo di esserci riuscita. In una parola: non so quasi nulla di come si conclude la saga e mi godrò Harry Potter e i doni della morte dalla prima all'ultima pagina!!

Devo ammettere, però, che se pure fossi inciampata in qualche anticipazione non credo che avrei sofferto tantissimo: il bello dei libri della Rowling non sta solo nel finale rivelatorio ma nel modo in cui l'autrice riesce a intrecciare fatti, indizi e accenni, per arrivare a destinazione. Lo sfizio è scoprire passo dopo passo cosa si è inventata per giustificare, argomentare e rafforzare fatti e accadimenti che sono stati costruiti, mattoncino dopo mattoncino, in sette lunghi libri.
Una specie di sfiziosa caccia al tesoro, insomma....

Comunque sia son contenta! Spero di poter dare presto un'opinione sul libro
!