Seymour Seamoore, scrittore sconosciuto ai più, con la sua opera prima ha fatto un ottimo lavoro capace di convincere anche una lettrice puntigliosa come Mirtilla.
E' un fantasy particolare, il suo, un fantasy che qualcuno definirebbe
adulto nella misura in cui lo sono i romanzi della Bradley o della Leguin. Questo non vuol dire che
Un Tiro Perfetto (titolo discutibile, questo è innegabile...) sia violento o porno, vuol dire semplicemente che i
livelli di
lettura della storia sono
molteplici e interpretabili da prospettive diverse,
sociologiche e antropologiche, ad esempio. E ' un libro che è insieme, vicenda e studio di gruppi umani è avventura e scoperta del significato della responsabilità dei singoli nei confronti della collettività; è confronto e convivenza di fede e laicismo. Di certo, un mix particolarmente originale.
La storia ruota attorno a una
tribù di abilissimi
arcieri costretti a
fuggire perchè
braccati eminacciati di sterminio da malvage creature chiamate lupi. Gli Atarur, questo il nome della tribù, lascia dunque la Malaterra e affida la sua sopravvivenza alla guida di morte
Aessin. Suo è il compito di portare in salvo la sua gente, una manciata di arcieri, anziani, bambini e una regina, cercando di scampare agli agguati letali dei lupi. Nel loro allontamento, per la prima volta dopo centinaia di anni, scoprono di dover avvicinare le Terre Civilizzate e le altre sei razze di Inear, comprendono di dover abbandonare tradizioni fattesi pericolose per la sopravvivenza della tribù, e capiscono faticosamente che nessuna crescita è esente da sofferenza. E da follia.
La maturazione degli atarur coincide con la
maturazione di Aessin, la sua presa di coscienza che solo nel riconoscimento del pericolo condiviso, risiede la soluzione per le guerre tra razze, rapprensenta il momento più inatteso dell'intero libro.
Cosa accadrà quando, a guerra globale finita, le razze si troveranno a dover ricostruire un mondo dalle macerie di una follia che non può essere ricondotta solo alle responsabilità degli atarur? Basterà accusare gli "altri" di aver provocato la morte, o occorrerà riconoscere l'inevitabilità di taluni gesti e costruire da lì il futuro?
Ciò detto, cosa mi è piaciuto del libro?
Bhè, la
complessità di temi di cui vi ho appena parlato sarebbe già un motivo sufficiente. Ma aggiungo che mi è piciuto il modo con cui è stata curata l'ambientazione che dimostra un'attenzione notevole al dettaglio: tutto è
coerente, il linguaggio (
il riflessivo "rotolarsi" non avrà mai più lo stesso significato, per me!), le unità di misura e di conteggio, la ricerca di coerenza all'interno della costruzione delle Leggi, delle tradizioni e del Codice di vita sia degli atarur che di tutte le razze di Inear.
Mi è anche piaciuta tanto l'idea della
profezia, vista non come la solita imponderabile spada di damocle sulla testa di giovani personaggi ignari e, normalmente, gravati dalle responsabilità. In Un tiro perfetto a questa visione se ne sostituisce una in cui la profezia è soprattutto
"ricorrenza delle cose", "motore" del mondo e
costruttrice di storia. E poi c'è una sessualità aperta e giocosa, spensierata e sempre "normale", sentimenti delicati ma intensi, il tutto scritto con uno stile scorrevole che non sacrifica varietà e ricchezza espressiva.
Ok, allora + un libro perfetto? A dispetto del nome, direi di no, il libro qualche
difetto ce l'ha.
L'autore, come avrete capito, mette
tanta carne al fuoco, tirando in ballo argomenti e riflessioni tanto dure quanto attuali. C'è di tutto nel testo: tradizione e progresso, singoli vs collettività, sistemi di potere verticistici e distribuiti, deità e laicismo...insomma, a volte mi è parso di riassistere alla
manifestazione di sapere a tutto campo che caratterizza Dimitri! Il tutto in 200 pagine scarse.... Ecco, avrei tagliato qualcosa, a vantaggio di una focalizzazione mirata solo su certi temi. A meno di non voler traformare il romanzo in un saggio socio-antropologico in chiave critica...
Inoltre, il libro
manca un pò di emozione. A dispetto di quanto detto, specialmente sul finire quando l'equlibrio delle cose si spezza, mi sarei aspettata di vivere un coinvolgimento emotivo più forte e di leggere eventi meno frettolosi, in modalità meno "da spettatore". La prima parte del testo, infatti, approfondisce molto la cultura degli atarur nel rapporto con la Malaterra e le altre razze, ma la parte conclusiva è molto più sbrigativa.
E il linguaggio? Il modo di esprimersi degli atarur mi è parso un pò contraddittorio, molto eplicito e volgaruccio nella prima parte, poi improvvisamente ripulito nel cuore della storia. A tratti mi pareva che l'autore proprio non fosse riuscito a reprimere l'istinto di usare intercalari sguaiati!! Diciamo che, un pò di limatura qua e là (editing???? :D), Un Tiro Perfetto avrebbe potuto averlo, ovviamente secondo me, eh. (c'è roba peggiore in giro, questo è certo, ma questo non ci autorizza ad essere sbrigativi, no???)
Bene. Ora dovete sapere una cosa. Questo libro, che tanti pregi e difetti ha, è
autopubblicato su Lulù. E chi legge questo blog, conosce inconsapevolmente, anche il suo
autore, ...
Alladr, al secolo Adriano Allora.
Come sapete non mi sono mai pronunciata sulla faccenda dei libri autoprodotti semplicemente perchè non ne avevo mai letto uno. Se fossero tutti come Un Tiro Perfetto (ma sto titolo è brutto!!), noi lettori saremmo tutti più ricchi. Non sono mai stata dell'avviso che tutto ciò che viene scritto debba essere necessariamente pubblicato, non esiste, ma mi ha fatto piacere scoprire che nel cassetto di qualche italica aspirante gloria, oggi editorialmente difficle da collocare, si nascondeva qualcosa di buono. Che adesso, volendo, possiamo leggere tutti.