mercoledì 24 settembre 2008

I Pirati dell'Oceano Rosso- recensione


Ieri sera ho finito I Pirati dell'Oceano Rosso di Scott Lynch, il secondo libro della saga dei Bastardi Galantuomini di cui gli Inganni di Locke Lamora è stato il primo inarrivabile episodio.

Di quanto mi sia piaciuto Gli Inganni lo sapete bene e di quanto a molti voi abbia caldamente consigliato il libro pure, quindi capirete che le aspettative per I Pirati erano alte. E sono state parzialmente disattese.
Intendiamoci, è un bel libro, ben costruito ed evidentemente molto pensato, Locke e Jean sono sempre personaggi ben caratterizzati, e i dettagli dell'ambientazione, che stavolta non è Camorr ma la città Tal Verrar, sono sempre curati in modo maniacale. Ma questo libro non ha la folgorante vivacità e la brillante atmosfera a cui Lynch ci stava abituando.

Trama: Dopo la fuga da Camorr, Jean e Locke approdano a Tal Verrar, città portuale nota per la sua rinomatissima casa da gioco. Il suo caveau è stracolmo di ricchezze e gli stessi giocatori che affollano la casa, costituiscono bocconcini troppo prelibati per i nostri raffinati ladri. Locke e Jean iniziano a tessere una trama fittissima di imbrogli, raggiri e costosi acquisti, che permetterà loro di attirare gli sguardi del capo di Peccapicco e di pianificare una frode in grande stile.
Ma a tal Verrar c'è qualcun altro che ha messo gli occhi addosso a Locke e Jaen e che conosce le loro identità camorrane: l'Arconte di Tal Verrar, bisognoso di qualcuno che crei scombussolamento in mare affinchè egli possa armare le sue navi e cogliere l'occasione per destituire i Priori della città. Chi usare come pirati fantocci?? Ma i nostri due ladri, of course! Che non sanno distinguere una poppa da una prua, tanto per capirci. Inizia così la vera avventura piratesca di Jean e Locke che, costretti da mezzi non convenzionali dall'Arconte, diventeranno maldestri pirati, sfigati prigionieri e pure focosi amanti (almeno uno di loro). E pure inaspettati truffati (eggià!!!).
Chiaramente Locke amalgamerà tutti questi elementi caotici per creare la confusione più totale, in un groviglio di verità, mezze verità, identità false, identità un pò false un pò no, che sono come sempre la cifra della narrazione di Lynch.

Oh, detta così io sono una matta scatenata a dire che il libro non mi ha soddisfatto come gli Inganni. E quindi ripeto che il libro merita di essere letto.
Locke Lamora è sempre il solito meraviglioso bastardo che alterna furia e rancore, lingua tagliente e trovate geniali, all'altruismo più generoso nei confronti di Jean. L'amicizia tra i due nei Pirati viene messa alla prova almeno in due occasioni, e la delicatezza con cu Lynch si avvicina ad essa, è la cosa migliore di tutto il libro. Anche la scelta finale di Locke, chi ha letto il libro sa a cosa mi riferisco, è il modo con cui egli ringrazia il suo fidato amico, senza dirglielo davvero.
Anche l'ambientazione di Tal Verrar è molto ben fatta. Si respira opulenza, eccesso e insoddifazione nelle strade della città. C'è Peccapicco, ci sono nobili danarosi che passano il tempo spendendo ed umiliando i propri servi; c'è la solita magia latente, mai urlata ma alla fine, sempre decisiva sia nella sua dimensione alchemica che arcana in senso stretto.

MA il libro non lascia il solito indelebile segno.

Partiamo dalla struttura del testo, più ingombrante e meno funzionale degli Inganni. Se in quel caso la storia stantava a partire per poi fuggire via in un' escalation di avventure al cardiopalma, stavolta il libro ha una testa e dei piedi piccoli piccoli, e una pancia bella grossa. Il libro si allunga drammaticamente e lì per lì c'è solo da gustarsi ogni trovata di Lynch. Ma poi, si capisce che il nostro ha indugiato a lungo su cose presto superate andando rapido su altre.
Gli interludi, che negli Inganni erano funzionali alla comprensione dei personaggi ancor prima che della storia, qui diventa l'esatto opposto. Un'escamotage per raccontare tanti eventi diversi ma che crea un pò di confusione tra passato prossimo e presente.
A livello emotivo... secondo me combattimenti mozzafiato, scelte disperate, sacrifici e quant'altro stavolta non bastano a creare la consueta "epicità" (e qui qualcuno avrà da ridire....). La furia di Locke e Jean, più del secondo che del primo, non ha la maestosa e impietosa forza di prima. Le vendette, che sono una costante del motore narrativo di Lynch, non hanno quel "cuore" bruciante che scatena sentimenti forti nel lettore. E poi, la troppa carne al fuoco, i troppi inganni, fanno perdere la giusta concentrazione emotiva. Persino la morte di voi sapete chi, lo strazio di Jean e il resto dell'azione, non ha il sufficiente mordente.
Insomma, il tono del libro è più soft. C'è meno ironia, i dialoghi splendidi sono molto più rari e l'amato Locke, almeno per me, perde il suo strepitoso fascino. Tra l'altro il vero protagonista, è Jean, non credete?

Però leggetelo sto libro, e ditemi cosa ne pensate che sono curiosa di sapere se c'è qualcosa di sbagliato in me oppure no!

Spoiler: il prologo del libro, con qualla sparata sul presunto tradimento di Jean verso Locke, non vi è sembrata una trovata acchiappa attenzione, piuttosto che il preludio di qualcosa di davvero inaspettato? Io non ci avevo creduto, per carità, ma pensavo che facesse riferimento a una parte importante del libro e invece... ma voi ci credete che Jean avesse fatto il segnale di bluff?? Io con questi due, non so mai a chi, e cosa credere!!! Ma Locke l'antidoto per sè lo troverà nel prossimo libro, a questa cavolata dell'attesa della fine davvero NON CI CREDO!!!
E intanto, non sappiamo ancora il vero nome di Locke Lamora nè chi sia davvero la ladra che gli ga stregato il cuore...

martedì 23 settembre 2008

10 anni di magia


A Maggio del 2001 è successa una cosa che mi ha cambiato la vita. In modo bello, si capisce.

La cara Fed aveva iniziato a giocare di ruolo su internet, in un play by mail ispirato al d&d e mi disse, conoscendo la mia passione per il fantasy e per il gioco, di unirmi alla truppa. Mi aiutò a fare un personaggio, Eloriè la maga, e fu così che iniziai a giocare al Komics Club Fantasy Game.

Furono mesi spassosissimi, quelli che seguirono, in cui la mia maga matta e sessuomane (nello zaino portava cosette decisamente inutili sul campo di battaglia, non so se mi spiego...) imperversò nelle vicende della Lista 7 assieme a un png, Bard il Bardo, un tizio altrettanto sciroccato che parlava SOLO per rime. Poi arrivò Ralabel, una guerriera che Fed ricorda mentre io no, e poi altri png più o meno utili.

Non so se avete mai giocato a un gioco di ruolo via e-mail. Alla fine ti prende su due fronti, sia quello più squisitamente ruolistico, che su quello letterario. Perchè, alla fine, i personaggi "parlano" attraverso la scrittura e la cosa è doppiamente creativa.

Grazie al KCFG ho conosciuto tanti amici e anche Rob. Lui non giocava in lista allora, ma un suo amico si, e si dà il caso che questo amico giocasse in lista 7 il mago più odioso e opportunista che la mia Eloriè avesse mai avuto il dispiacere di incontrare. Di qui a conoscerci di persona il passo fu breve e in quell'occasione conobbi pure Rob. E da allora non mi si schioda di torno, incredibile eh? Tutto merito di Eloriè che folgorò il nano Malefico di Rob in una memorabile sessione di d&d che Fed ricorda ancora...

Il KCFG l'ho poi lasciato per qualche anno, l'università e mille impegni, nonchè l'assenza di connessione nelle tre case-studenti che ho passato, mi rendevano il gioco impossibile ma si sa, è la KCFGite acuta prende ad intervalli regolari. L'anno scorso ho ripreso a giocare con una veggente vdrow, Kalya, a cui si sono aggiunti: uno stregone drow, una vampira maga, un ranger licantropo, una paladina e una succube psionica che più di una volta ha dato spettacolo... (la maggior parte di questi personaggi sono ispirati a personaggi di libri fantasy, eh). Quando si ricomincia, la voglia di essere tante cose, prende in modo irrefrenabile.
Al momento vivo una situazione di sospensione perchè ho davvero poco tempo e forse, alla fine, gli sdoppiamenti sono stati un pò troppi ma riprenderò, ah se riprenderò!

Ok, ma perchè mai questo post nostalgico?? Perchè il KCFG è nato nel 1998, e quest'anno festeggia il decimo anno di vita!! Anche se ho saltato il raduno per l'anniversario (odio i matrimoni di parenti stretti!!!), non posso dimenticare le ore di assoluto divertimento che ho passato con i tanti giocatori con cui i miei personaggi si sono incontrati e neppure posso scordarmi tutto il resto che il KCFG ha dato alla mia vita.

Insomma, AUGURI KCFG!!!

venerdì 19 settembre 2008

Quale traduzione?


E finalmente il caldo è finito! Qui a Roma fa freddo, oggi piove, e io gioisco! Non è follia improvvisa e, tra l'altro, io sono freddolosa come pochi, ma le temperature elevate mi avevano infiacchita troppo. Avevo il cervello evaporato persino per leggere. E infatti, questa estate ho letto pochissimo :(

Ora le cose stanno cambiando e la stagione delle letture si prospetta intensa.
Ho iniziato da poco i Pirati dell'Oceano Rosso di Scott Lynch della cui inaspettata pubblicazione, avevo già dato notizia. Che dire, leggere le "epiche" gesta dei Bastardi Galantuomini è un divertimento che da assuefazione ^_-


Prendendo spunto dal disappunto che o percepito qua e là in rete sulla traduzione italiana del titolo, mi chiedo: ma voi come avreste tradotto Red Seas under Red Skies che è il titolo originale del libro di Lynch? Io non sono brava con gli adattamenti linguistici, idee su come si sarebbe potuto evitare I Pirati dell'Oceano Rosso?
Oggettivamente questo titolo non dà il senso dell'originale inglese ma anticipa subito i protagonisti del libro, i Pirati, cosa che nella versione inglese è affidata all'immagine in copertina, e cerca di avvicinarsi al gioco di parole e di senso sui cieli e i mari arrossati, con "oceano rosso".

L'inglese è una lingua infida, asciutta, basata su immagini e su giochi di parole che in italiano dovrebbero essere resi con parecchi termini per darne il medesimo senso. Ma si sa, i titoli dei libri non possono essere troppo complessi... E' da ieri che ci penso ma non ne vengo a capo!

martedì 16 settembre 2008

Twitter funebre, è vero scandalo?


Sapete cosa è Twitter? E' un servizio online che permette agli utenti iscritti di pubblicare brevi messaggi testuali su un sito che verranno letti da coloro che "seguono" quel determinato profilo. Per capirsi, è quello che faccio io quando, nella colonna di sinistra del blog, in quella righetta Cosa sto facendo pubblico messaggini brevi sull'andamento della mia giornata (è un'opzione di Twitter, collegare alla pagina di twit un sito o un blog).
Un aggeggino che non serve a nulla? Mica tanto. Nel web 2.0 tutto ciò che è condivisione, partecipazione e scambio non può essere liquidato con giudizi frettolosi. Ma di norma, per capirlo, serve IL caso che faccia montare l'indignazione, la riflessione, il problema. Detto fatto.

La notizia è di ieri e la riporta Repubblica.it: tale Berny Morson, inviato della Rocky Mountain News, quotidiano locale di Detroit, si è recato al triste funerale di un bimbo di 3 anni ucciso da un'auto che, dopo un incidente in strada, è piombata nella gelateria dove si trovava il piccolo.
Fin qui nulla di strano, i cronisti vanno sempre ai funerali per strappare interviste singhiozzanti, mamme disperate e amici urlanti vendetta.
Ma Morson ha fatto un'altra cosa: ha portato con se un cellulare e, durante la cerimonia funebre, inviava messaggi-aggiornamenti sull'andamento del funerale alla sua pagina di Twitter. Sicchè gli iscritti alla pagina di Morson (che sono, udite udite, l' oceanica cifra di 56!!!) grazie a questa azione di micro-blogging, sono stati informati punto per punto sulle parole del prete, il momento della benedizione e cose di questo tipo. Scandalo e raccapriccio sono seguiti a valanga.
Il cinismo del redattore e del giornale per cui lavora, è stato aspramente condannato da altri giornali e anche dagli esperti di tecnologie che evidenziano l'intento macabro del giornalista.

Si è tratta di una scelta di pessimo gusto, è stato il trionfo di quell'informazione basata sul dolore che tanto va di moda e che è tanto deprecabile.

Però c'è qualcosa che nn mi torna. Questi indignati signori che condannano Morson sono rappresentanti di una categoria di professionisti che in azioni di pessimo gusto a caccia dello scoop o dello scandalo, ci sguazzano. Magari sono quegli stessi cronisti che, al funerale del ragazzo morto in un incidente stradale, vanno a caccia delle lacrime dei familiari, delle grida di dolore, e producono domande imbarazzanti quali: Come si sente in questo momento? oppure Che ragazzo era sua figlio?.
Diciamo la verità, lor signori si mangiano le mani pechè l'idea della copertura totale della notizia , l'ha avuta Morson e non loro. E con un mezzo pressochè sconosciuto.

Il problema non è twitter, perchè i twit, di norma, spariscono abbastanza in fretta dalla pagina del sito, sostituiti dagli altri twit; non competono con articoli o editoriali nè hanno un tale livello di approfondimento e sono molto più vicini agli sms che a notizie strutturate.
Il problema non è nemmeno l'eticità o meno dell'azione dell'inviato del RMN, perchè se dovessimo parlare di etica professionale, non c'è un giornalista che possa, in coscienza, accusare Morson dall'alto della sua integrità.

Il problema sta nel nuovo modo di comunicare tramite le tecnologie di quel famoso web chiamato 2.0 che molti giornalisti vedono ancora come una minaccia alla loro professionalità, piuttosto che come un'opportunità. Peggio ancora, in molti casi la categoria "snobba" fenomeni come blog o nanopublishing, snobba la portata innovativa di forme di comunicazione fatte tramite strumenti nuovi, probabilmente non consueti, come twitter.
Spesso tendono a non riconoscere al processo informativo così gestito, lo status di vera informazione, ritenendo che il giornalismo abbia dei canoni, delle consuetudini, che ne determinano l'autorevolezza.
I giornalisti, invece, che sperimentano strade nuove, che in qualche modo innovano, sono guardati con disappunto quasi che utilizzare strumenti cronologicamente successivi al fax o il telefono satellitare, sia un reato gravissimo.
Morson ha fatto un uso non previsto del mezzo twitter, quello stesso giocattolino che ad un altro giornalista, un cinese arrestato dalla polizia locale, aveva salvato la vita pechè tramite i brevi messaggi di testo aveva allertato l'opinione pubblica della sua condizione. Morson incarna, in un certo qual modo, proprio i timori di coloro che vedono nei nuovi modi di comunicare potenziati da internt, babau pronti a sfuggire al controllo alla prima occasione. Al controllo di chi non li usa, ovviamente.
E' la potenzialità che questa trovata di Morson ha portato alla ribalta ad infastidire tanto i suoi colleghi, concordo con Munafò, che ha scritto su Repubblica.it la notizia dei twit al funerale, quando dice: "Ed è forse alla luce delle tante potenzialità di Twitter che si può spiegare perchè i suoi sostenitori abbiano criticato con tanta forza la macabra idea di Berny Morson".

Insomma, dal mio punto di vista dietro questa polemica, si nasconde uno l'inconto/scontro tra generazioni di vecchi e nuovi professionisti dell'informazione, gli uni scettici e restii a cambiare le loro abitudini, gli altri entusiasti al limite della sperimentazione più discutibile.

lunedì 15 settembre 2008

Libro No e weekend SI


Vi è mai capitato di leggere un libro con la chiara consapevolezza di non volerlo f
are? Leggere pagine e pagine e non riuscire ad essere catturati dal testo in questione ma non perchè il libro faccia poi così schifo, ma perchè non avete la testa per quel tipo di libro lì?

Ecco, a me sta succedendo con La promessa del Re Stregone di Bob Salvatore, linea Forgotten Realms. I libri dello zio Bob sono sempre rilassanti da leggere, nè troppo impegnativi nè troppo dementi, hanno trame sempre riconoscibili e personaggi ormai storici a cui mi sono affezionata.

Ma i libri tratti dal d&d riesco a leggerli solo quando sono ispirata, quando voglio muovermi tra storie e personaggi che conosco come le mie tasche; quando cerco un porto sicuro in cui immergermi senza dover "ambientarmi" perchè l'ambi
entazione ce l'ho già nel sangue.
In questo periodo preciso non è aria. Jarlaxle è un povero drow disadattato e inquieto, Entreri è un frustrato sulla soglia della pensione, senza contare il solito stregone fortissimo che quando schiatta semina oggetti super incantati qua e là. Eh no, non è periodo.
Oggi mi vado a comprare I Pirati dell'Ocean
o Rosso di Lynch e vedremo come andrà :p

Intanto vi lascio qualche foto scattata nel bellissimo week-end che io e Rob abbiamo trascorso:

Rocca di Papa, a un passo dal diluvio che si è abbattuto da quelle parti venerdì 12 settembre




L'animale "domestico" che ha colonizzato l'agriturismo La Cerra di Tivoli: il pavone!!



Alcuni scorci dei bellissimi Giardini di Villa D'este sempre a Tivoli







giovedì 11 settembre 2008

Apocalisse rimandata


Alla fine il pianeta Terra non è stato risucchiato in nessun buco nero e l'appetito apocalittico di "esperti" e "ignoranti" di fisica quantistica, si è dovuto accontentare di inspidi manicaretti a base di sorrisi e strette di mano.
A Ginevra sta andando tutto liscio, non è stato risucchiato neppure un alberello che fosse uno, le lavatrici hanno continuato a centrifugare e nessuna signorina svizzera è invecchiata precocemente a causa dell'esperimento del Cern. Peccato. Queste si che sarebbero state delle notizie.

Stranissimo il mondo del giornalismo, cinico e fastidioso, a volte. Perchè la strage fa notizia più di un evento lieto, perchè decine di morti ammazzati in paesi in via di sviluppo fanno la metà della notizia di un solo morto nei paesi più industralizzati.
E' una regola che i cronisti conoscono benissimo e anche noi umili lettori, infondo, sappiamo essere vera. A chi non è mai capitato di scegliere di leggere tra due news, una a lieto fine e una no, prima quella tragica e poi, chissà, l'altra?
Gli esseri umani sono fatti così, vengono irrimediabilmenti attratti dal tragico forse per quelle necessità catartiche che gli antichi greci avevano capito millenni fa. E non avevano i sondaggi, non avevano la tv e nemmeno internet.

E' stato strano vedere e sentire trattare dai media l'esperimento scientifico del Cern come un qualsiasi evento di massa. Ho avuto un senso di straniamento ad ascoltare e leggere giornalisti che parlavano tranquillamente:

a) di cose che manco loro conoscevano perchè sfido un giornalista di cronaca a sapere perfettamente cosa sia un Bosone di Higgs e cosa comporti davvero l'esperimento del Cern (cosa che capiscono solo i fisici e, forse, i giornalisti abituati a divulgare la scienza)

b) di cose che non conoscevano tentando, vanamente, di rendere credibile la loro notizia al pubblico che ne sapeva pure meno

c) di bosoni, materia oscura e antimateria come se fossero gli amici della porta accanto

d) della fine del mondo come evento da attendere con trepidazione anche se poi, se il mondo fosse finito davvero, non ci sarebbero stati nè scoop nè gente a cui propinarli.
Di norma le attese culminano con reportage e immagini rubate dell'evento che sta accadendo, come quando in America aspettano e poi filmano gli uragani e i suoi effetti, ma in questo caso ci sarebbe stato.... il nulla. Non so, questa consapevolezza mi provocava una strana sensazione, mi faceva sorridere. Strani gli esseri umani, persino quando stanno per estinguersi trovano il modo di fare show.

Percepivo un senso di malcelata incredulità: ma se succedesse davvero?? Ma no, dai , intanto parliamone che fa audience, poi non succederà nulla ma attendere l'apocalisse in diretta nazionale ci fa stare sulla notizia. La gente DEVE sapere. Si, ma cosa?

Divulgare la scienza al vasto pubblico non è affatto facile perchè la materia in sè non è quasi mai digeribile dai non adetti ai lavori.
Servono giornalisti esperti che sappiano cogliere il nocciolo del problema e spiegarlo al pubblico in modo completo ma senza banalizzazioni. Serve metodo e applicazione, la scienza difficilmente si presta al giornalismo di assalto, alle dichiarazioni colte per strada o alle mini interviste di due minuti al tiggì, e non perchè gli scienziati siano dei parrucconi logorroici. Ma perchè a spiegarle male, le cose della scienza, trattandole come qualsiasi coscia nuda di subrette, si creano allarmismi, esagerazioni, incomprensioni e, bestia nera, la CATTIVA INFORMAZIONE.

Tanto per alleggerire i toni, leggete il titolo di oggi di un articolo di Repubblica.it:
Cern, attivato l'acceleratore Lhc
"E' andato tutto come previsto"
Le particelle hanno percorso senza problemi i 27 chilometri del tunnel

Soffermatevi su: Le particelle hanno
percorso senza problemi i 27 chilometri del tunnel. Ma vi sembra un linguaggio adeguato alla notizia scientifica? A me sembra più una news sulla viabilità della Salerno Reggio Calabria....

Però una cosa buona tutto questo trambusto l'ha creata: portare la scienza alla ribalta. Chissà che qualcuno non capisca che l'Italia deve investire di più nella ricerca scientifica e universitaria altrimenti nemmeno un misericordioso buco nero potrà salvarci.

mercoledì 10 settembre 2008

Bastardi galantuomini2 in libreria?


Voci non confermate, informano che domani 11 settembre dovrebbe uscire il secondo libro di Scott Lynch I Pirati dell'Oceano Rosso , il seguito dell'ormai mitico e amato Gli Inganni di Locke Lamora di cui ho parlato qui.

Sul sito della
Nord non vedo notizie a riguardo perciò ho mandato una e-mail per verificare la fondatezza o meno di questa indicazione. Questa è la pagina della Unilibro in cui è stata rinvenuta la fatidica data ^_^
Rimaniamo in attesa di comunicazioni ufficiali ma questa notizia datami da Coubert mi ha rallegrato la giornata! Il libro che sto leggendo "Le promesse del re stregone" di Bob Salvatore proprio non mi scende in questo periodo...

Colgo l'occasione per ringraziare Fed e Imp per il premio INDISSOLUBILMENTE AMICI che mi hanno assegnato: GRAAAZIE!

Solo che adesso mi toccherà capire chi premiare a mia volta... nooooooooo.... non ce la posso fare adesso, sono troppo agitata per la notizia di cui sopra ^__-

AGGIORNAMENTO: mi ha risposto la Nord, preparatevi a tirar fuori una ventina di euro perchè:

Gentile Mariangela,
siamo lieti di confermarle che la data di uscita dei "Pirati dell'oceano rosso" è proprio quella indicata. Le chiediamo soltanto un po' di pazienza nei confronti dei librai. I volumi che ricevono sono così tanti che non sempre è possibile metterli sui banchi il giorno stesso del loro arrivo...Se desidera tenersi aggiornata sulle novità del nostro gruppo editoriale, le consigliamo...etc (cut)

Segue un pò di sana promozione ^_-

EVVIVA!


lunedì 8 settembre 2008

Mass Effect- commento


Da brava burina videoludica, per appassionarmi a Mass Effect ci ho messo un pò ma alla fine ero ridotta alla dipendenza...

Mass Effect è un gdr di fantascienza realizzato dalla canadese Bioware che i videogiocatori, di ruolo e non, conoscono per aver
prodotto indimenticabili giochi come Baldur's Gate I e II, Star Wars e Neverwinther nights I ed espansioni. Senza contare i tanti titoli che, se non della Bioware, ne utilizzano i medesimi motori grafici, come Icewindale I e II, Planescape: Tormente (ragazzi, sarà vecchietto ma la storia è fenomenale!) e NWN2. Grafica eccelsa e gioco di ruolo. I due punti di forza della Bioware trionfano anche in Mass Effect.

Prima una nota doverosa: dal punto di vista della giocabilità, sgranchitevi le mani che i bottoni del controller li usate tutti e per decriptare armadietti e oggetti segreti occhio alla coordinazione.
Guidare la Mako, il veicolo con cui si atterra sui pianeti e si affrontano i Geth più antipatici, è davvero un mistero: difficile da gestire e quasi impossibile prendere la m
ira se non sotto il nemico. Utile il cannoncio, eh?

Passiamo alle cose belle.
Dal punto di vista grafico, sembra di essere in un film. Le scene animate sono estremamente realistiche e altrettanto coinvolgenti. Sul finire del gioco, quando era
in ballo il destino della Cittadella e la Sovrain sembrava aver sconfitto tutte le navi dell'Alleanza, mi sembrava di essere al cinema tanto le immagini erano fluide e le prospettive multiple senza parlare del ritmo nell'alternarsi delle scene: pochi videogiochi prestano tanta cura e complessità a questi elementi.
Ma in generale sono tutte le parti animate ad essere altamente spettacolari.
Gli ambienti delle azioni, la Cittadella, la nave stellare Normandy, la via lattea con le centinaia di pianeti esplorabili o viaggiabili, sono stati progettati come se fossero veri, con la stessa attenzione alla funzionalità e all'impatto visivo.


Ma, almeno personalmente, quello che mi ha colpito di più è stato l'aspetto ruolistico di Mass Effect. Impersonare il Comandante Shepard, non è semplicemente far finta di essere un avatar (personalizzabile o meno, io mi sono tenuta il faccino fascinoso e sbarbato del p
ersonaggio di default), è essere Shepard. Nelle decine di combinazioni possibili dei dialoghi, il Comandante non deve limitarsi a scegliere tra opzioni funzionali come si o no, o rispondere educatamente o aggressivamente a seconda dell'allineamento presunto, ma si trova talvolta davanti a scelte etiche e morali che mettono realmente in ansia il giocatore.
Due esempi: si scopre che Saren, il cattivone di turno, ha trovato un modo per curare la sterilità imposta dall'Alleanza a una razza aggressiva e prolifica: i krogan. Shepard e i suoi devono distruggere il laboratorio di ricerca e non dare a Saren la possibilità di avere un'armat
a invincibile.
Il soldato krogan Wrek, fidato combattente al fianco di Shepard, si oppone a questa decisione poichè la sua gente potrebbe riscattarsi dei secoli di umiliazione forzata. Shepard deve scegliere cosa fare, accogliere le istanze di Wrek o continuare la lotta contro Saren?
Mica facile...
Altro caso: la resa dei conti è vicina, c'è da piazzare una nucleare nella base di Saren ma la battaglia infuria su due fronti e Shepard ha un ufficiale impegnato sia di qua che di là. Uno dei due perirà perchè non c'è tempo di soccorrere tutti e due, chi sacrificare? Su quali basi?
Ogni risposta in Mass Effect ha una conseguenza, ogni gesto influenza realmente l'azione, c'è la percezione di poter cambiare davvero le cose.
Credetemi, a volte è davvero difficile scegliere e se non si ha in mente che tipo di personaggio impersonare, ogni scelta è un dilemma da mangiarsi le mani.

Altro aspetto affascinante: la cura sociologica e storica tenuta per inventare e rendere credibili tutte le razze umane e non, organiche e non, dotate, TUTTE, di una storia e di un processo evolutivo spalamato su secoli e secoli. Davvero eccezionale.

Particolarmente affascinate il dilemma di fondo di questo primo titolo di Mass Effect (ce ne saranno altri due): una razza non organica eterna e potentissima, stabilisce i cicli di vita della razze dell'universo e alla fine del ciclo, si adopera per bonificare la galassia e azzerare tutto. Una sorta di divinità che pretende diritto di vita e di morte su tutte le razze.
Nessuna razza, neppure gli intelligentissimi Prothean, sono riusciti ad opporsi nei millenni passati e si sono estinti. Che l'unica soluzione sia arrendersi ed accettare l'inevitabile?
La risposta, tra le decine di razze intelligenti della galassia, è affidata agli umani la razza vista con sospetto, la razza dalla vita brevissima e dal temperamento indomabile, la razza c
he non ha tempo per arrendersi.


Curiosità: per chi se lo stesse chiedendo, io ho giocato con la asari Liara e non la quarian Tali che hanno poteri fichissimi; la storia di amore con tanto di scena bollente, il mio Shepard l'ha avuta con la asari, quella tutta blu senza scafandro che vedete sotto.


E l'ufficiale Ashley? La destesto!!! Ehm... indovinate chi ha scelto Shepard per sacrificarsi con la testata nucleare??? Del resto l'harem di Shepy era già bello nutrito ergo, una di meno non faceva differenza....

martedì 2 settembre 2008

Midnight Sun non s'ha da fare


Questa notizia qui proprio non me l'aspettavo. In pochissime parole, Stephenie Meyer, la mamma di Twilight e soci, di Bella Swan e di quel figo di un vampiro di Edward Cullen, ha annunciato che non terminerà mai l'attesissimo quinto volume della saga, Midnight Sun.

Motivo? Pare che una copia ancora non editata e incompleta del libro sia stata messa in rete da qualcuno di molto fidato (!) e la Meyer, sconvolta e delusa per la mancanza di rispetto sia come autrice che come persona, ha deciso di interrompere la stesura del libro.
Qualche stralcio del comunicato:

“Non volevo far conoscere ai miei lettori Midnight Sun prima che fosse completato, e accuratamente pubblicato. Credo che sia importante per tutti capire che ciò che è accaduto è stata un’enorme violazione dei miei diritti come autrice, per non parlare di me come essere umano.” […] “Solo perché certi acquistano un libro o un film o una canzone o ne ottengono un download da Internet, non significa che possano arrogarsi il diritto di riprodurre o distribuire tutto ciò che vuogliono. Purtroppo, con Internet, è facile per le persone ottenere e condividere elementi che giuridicamente non appartengono a loro. Non importa quanto questo fatto sia disonesto. Questa è stata un’esperienza molto sconvolgente per me, ma almeno mi auguro serva a lasciare ai miei fan una maggiore comprensione del diritto d'autore e dell'importanza del controllo artistico.”

“Pertanto, qual è la fine di Midnight Sun? La mia prima sensazione è stata che non vi era alcun modo per continuare oltre. La scrittura non è come la matematica; in matematica, due più due è sempre uguale a quattro, non importa com’è il tuo umore. Con la scrittura, il modo in cui ti senti cambia tutto. Se cercassi di scrivere Midnight Sun ora, nel mio attuale stato d'animo, James probabilmente vincerebbe e tutta la famiglia Cullen invece sarebbe morta, cosa che non si accorda bene con il racconto originale (n.d.r.: l’autrice parla del romanzo Twilight, di cui Midnight Sun è una riscrittura, ma dal punto di vista di Edward). In ogni caso, mi sento troppo triste per ciò che è accaduto per continuare a lavorare su Midnight Sun, e così resterà in attesa indefinitamente"


Oh, intendiamoci, io non sono una grande estimatrice della saga della Meyer, Twilight è stata una lettura godibile tra l'altro fatta in autobus con un prete logorroico accanto, ma non rappresenta certo il libro della vita. Ma un pò di tristezza questa notizia me l'ha messa, se devo essere onesta, e mi ha fatto fare qualche riflessioncina.

Il discorso è complicato, c'è di mezzo la privacy, i media digitali, il copyright o il copyleft, le intercettazioni o i video rubati e messi su youtube. Al momento la mente va verso una riflessione.

E' comune pensiero che la rete favorisca l'illegalità e sappiamo tutti, perchè tutti ne abbiamo fatto esperienza, quanto sia facile e moralmente autogiustificabile approfittare delle "libertà" virtuali.

In realtà, la faccenda della Mayer evidenzia qualcos'altro. Le persone che hanno diffuso il libro in rete con tanta leggerezza probabilmente (ipotesi mia, eh) non credevano di fare nulla di particolarmente grave o, peggio ancora, non avevano la giusta percezione di quanto stessero agendo in modo discutibile.
Internet fa questo, abbassa la percezione dell'illegalità negli utenti che non comprendono, o non vogliono farlo, quanto pubblicare in rete qualcosa non sia precisamente come organizzare una lettura di poesie a casa propria. Non ci si pensa proprio. Paradossalmente, più il media diventa "abituale", "conosciuto", più tutto quello che vi ruota intorno diventa "normale". E nella normalità, ahimè, c'è anche questo.


Ma chi di rete perisce di rete ferisce. Nel senso che è proprio attraverso la rete che la Meyer trasforma questa brutta situazione in un vantaggio. L'onestà, l'accorata comunicazione ai lettori, la disponibilità a mettere online la famigerata copia, non sono forse modi di sfruttare l'eco e la risonanza della rete per divulgare il proprio messaggio? La Meyer non guadagnerà in termini di soldi visto che il libro non nascerà, ma di certo la sua popolarità e la sua immagine ne guadagneranno eccome. Non è cinismo il mio, è solo una riflessione che precede la considerazione che, come tutti gli strumenti, Internet non è buono o cattivo in sè, è l'uso che se ne fa ad essere l'uno o l'altro. E che al giorno d'oggi, forse, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!

E dopo questo, una domanda a scrittori e aspiranti tali: può l'umore, la prostrazione, la delusione, indurre un autore a non scrivere più un libro perchè ne uscirebbe troppo influenzato? (il caso Meyer è un pò particolare perchè questo libro sarebbe la riscrittura di Twilight dal punto di vista di Edward quindi la trama era già scritta).

lunedì 1 settembre 2008

Il Nome del Vento- Recensione


Durante l'estate ho letto Il Nome del Vento di Patrick Rothfuss, gentilmente e calorosamente consigliatomi da molti di voi. E ancora una volta ho fatto bene a fidarmi perchè la storia di Kvothe è una di quelle storie che merita davvero di essere raccontata.

Trama: alla locanda la Pietra Miliare giunge uno storico che si fa chiamare Il Cronista ,alla ricerca del locandiere Kote.
Da lui vuole una cosa ben precisa, la sua storia da annotare e raccontare perchè il mite locandiere nasconde un incredibile segreto: sotto le sue sempliche spoglie si cela Kvothe, l'eroe che alimenta da anni centinaia di leggende. Kvothe, ormai riconosciuto, cede alla richiesta del Cronista a patto che egli scriva esattamente quello che Kvothe racconterà, senza omissioni o interpretazioni e per essere certo di questo, si fa insegnare la lingua del Narratore. E il locandiere, nello stupore generale, la impara in due ore.

Inzia così il racconto in flashback della vita di Kvothe, dall'infanzia nomade trascorsa con i genitori tra gli Edema Ruh, un popolo di attori, musicisti e saltimbanchi itineranti che, nonostante le malevole credenze popolari, si rifanno a ideali nobili e tengono in gran conto arte e cultura. Qui Kvothe riceve i primi insegnamenti dall'arcanista Abenthy e, sempre viaggiando con i girovaghi, subisce il primo vero trauma della sua infanzia. Kvothe è testimone della morte brutale dei suoi genitori portata per mano di un misterioso popolo ritenuto leggenda, i Chandrian. Il dolore è tanto forte da spingerlo sull'orlo della follia e solo la musica, l'esercizio estenuante e ossessivo al liuto, gli salverà la mente. Ridotto a mendicare nelle città, a 16 anni riuscirà ad entrare nella prestigiosa Accademia grazie alle conoscenze apprese con Abenthy e grazie alla sua intelligenza, intelligenza che rappresenterà sempre la fortuna, e la condanna, di Kvothe.
All'accademia apprenderà diverse discipline, stringerà salde amicizie e sentirà i primi palpiti dell'amore, ma dovrà anche fare i conti con l'ostilità di alcuni maestri, l'invidia di altri studenti e l'assoluta povertà; vivrà esperienze rischiose e incredibili che lo aiuteranno a maturare e lo porteranno a diventare il potentissimo mago, l'abile ladro, il maestro di musica e lo spietato assassino di cui parlano le leggende.
E poi un locandiere, disilluso e forse stanco. Cosa lo abbia reso così, non è oggetto di questo tomo ma dei prossimi!

In questo libro si possono trovare decine di elementi da approfondire: l'ambientazione magico/scientifica basata su una magia intimamente legata alle conoscenze delle forze della natura, alla chimica, alla biologia, oppure il linguaggio moderno e accattivante, oppure l'importanza del vero _nome_ di tutte le cose, ma personalmente due sono gli elementi che mi hanno colpito di più: il personaggio Kvothe, mai un protagonista è stato così protagonista di un libro, e l'attenzione posta da Rothfuss alle arti, all'importanza del canto e della musica nella socialità di un popolo.

Kvothe è un personaggio come pochi ne ho letti ultimamente. Carismatico come Elric di Melnibonè, temerario e avventato come Locke e intelligente come Raistlin, Kvothe è insieme questo e molto di più. Il suo carisma brilla e acceca nemici e amici, la sua temerareità stupisce e inquieta, la sua mente apprende e rilancia come un fiume in piena incapace di essere contenuto.
Kvothe è un ragazzino, di quelli che hanno sofferto molto e nella sofferenza non hanno trovato scuse o alibi per l'inazione ma, piuttosto, il motivo per studiare, bruciare le tappe, e vendicarsi. Le ripicche, le vessazioni portate contro di lui da maestri gelosi e da compagni invidiosi, non lo scalfiscono minimamente perchè nella sua mente è già pronta la risposta: una prova geniale nei laboratori dell'Accademia, o una lezione di pubblica gogna a chi l'ha sbeffeggiato per primo.
Kvothe non si arrende e non cede, è povero in canna e ha problemi per mantenersi la retta, non ha tempo da perdere. Più mesi trascorre all'accademia e più corre il rischio di non potersi mantenere gli studi sicchè bruciare le tappe è un obbligo. E lui _deve_ scoprire quante più cose può sui mostri che gli hanno sterminato la famiglia.

Insomma, Kvothe è il classico self made man, capace di essere il migliore non per nobiltà di nascita, ma per intelligenza e abilità (e per una volta, la gentilezza d'animo non c'entra troppo, evviva!).

L'altro elemento del libro che mi è piaciuto e che ho trovato molto originale, è l'importanza affidata nel mondo di Rothfuss alla musica e al canto; normalmente accessori nelle costruzioni delle ambientazioni fantastiche, qui sono elementi fondanti della cultura di riferimento.
Gli Edema Ruh, ad esempio, sono socialmente accettati tanto da essere la compagnia di teatranti ufficiale del re e averli ospiti anche solo per una sera, è un enorme onore per le cittadine interessate.
La rispettabilità delle persone si basa su quante storie conoscono, in altre parole, su che tipo di memoria collettiva ognuno possiede e può tramandare.
Kvothe, grazie alla sua formidabile capacità di suonare il liuto e la sua vastissima conoscenza di storie apprese durante la vita tra i girovaghi, si fa un nome nel giro degli artisti che si esibiscono di locanda in locanda, un nome che lo rende riconoscibile e stimato per le sue doti. E il pubblico? Partecipa, canta, applaude e giudica, acclamando il vero genio. Anche qui ritorna il tema delle doti innate capaci di elevare gli uomini indipendentemente dal loro lignaggio, evidentemente un tema molto caro a Rothfuss.

Unico neo, il libro non è autoconclusivo ma fa parte di una trilogia, le Cronache del re assassino, che verranno pubblicate al ritmo di un libro all'anno (questo lo dichiara l'autore). Un libro per ogni giorno di racconti di Kvothe per un totale di tre, appunto.

Non resta che attendere il secondo libro in italiano!!!